Mi lascio sorpassare, anzi, adesso agevolo il sorpasso. Mi sposto proprio, metto la freccia e via, scivolo a destra e poi con la mano sinistra che si veda bene dal finestrino indico la strada al sorpassante, sembra un augurio. Nessuno me ne voglia, oppure si in fondo non mi importa, ma nove volte su dieci si tratta di qualcuno al volante di un’Alfa che arriva sparato in direzione della mia piccola auto fucsia quasi a toccarla, quasi a toccarmi. Prepotenti. Ecco perché non li facevo passare, perché a me la prepotenza irrita a livelli da ricovero, mi trasfigura proprio, mi cambia i lineamenti, il tono di voce. C’è questa strada che percorro sempre, è una variante che mi porta da qui, da casa mia a ovunque: Torino centro, la tangenziale, il paese accanto, di rotatoria in rotatoria come punti tra un segmento e l’altro, ogni tanto qualcuno fa un sorpasso azzardato, si dice così per dire che te la giochi, si legge così sulla cronaca cittadina quando perdi. Adesso li faccio passare e aspetto, li guardo. Un mio amico ha questo atteggiamento nella vita. Non ti dice niente, non cerca di darti consigli, non esprime giudizi su quello che fai, non ti rimprovera nulla. Aspetta che ti schianti. Lo fa con la moglie che ogni settimana inventa un nuovo lavoro, una nuova intolleranza, una nuova malattia. Lo fa con la madre che ogni settimana si aspetta che lui dica qualcosa, pensato da lei, alla moglie, ai figli, a quella del primo piano, lo fa con i dipendenti che ogni settimana si lamentano gli uni degli altri a gruppi, a grappoli come le emorroidi, dice. Li lascia fare, tutti, aspetta che si schiantino.  Si schiantano sempre. Io quest’anno ho smesso di osteggiare la prepotenza, ho iniziato a spostarmi, a scansarla provando comunque irritazione e disgusto. Mi metto di lato e aspetto che si schiantino.

Guardo le facce di quelli che caricano le prostitute. Di segmento in segmento di rotatoria in rotatoria tutti i giorni passo in questo corso, alle spalle di un grande parco della città, mia figlia gioca a tennis in un circolo che affaccia lì, è la strada che percorro per andare e tornare dal lavoro e ci sono diverse prostitute. Quando c’è una macchina ferma e la signorina è affacciata verso l’interno per la trattativa, immagino, il preventivo insomma, ecco io se capita guardo la faccia del conducente. Non so perché, non ho mai pensato al perché lo faccio, lo faccio da poco, anzi, prima non lo facevo proprio per scelta, adesso guardo la scena e i personaggi. Stamattina sono passata per andare in libreria e dovevo girare sulla destra al semaforo, subito prima c’era questa auto blu, una jeep, ferma con il finestrino abbassato, ho sorpassato piano, guardato dentro, e poi mi sono rimessa nella corsia per svoltare. Dallo specchietto retrovisore ho visto che la ragazza è salita. Sono stata in libreria trentacinque minuti, quando ho ripreso la macchina e svoltato nuovamente nel corso ho incrociato la stessa auto andare via, la signorina era di nuovo al suo posto. Ci abbiamo messo lo stesso tempo ma penso di aver speso di più io.

Mi riposo. Quando è tempo, quando ne ho bisogno, mi fermo e mi riposo. E lo dico, dico no, adesso no perché sto riposando. E dico anche penso che mi riposerò un po’ oggi, più tardi. Poi magari non lo faccio però lo dico e mi piace dirlo, che si senta che no, non posso, perché ho intenzione di riposare. Mi riposo perché mi sveglio presto e alle 7.55 accendo il computer in ufficio poi tante volte lì davanti mangio a pranzo. Mi riposo perché se non ho niente di urgente da fare posso anche fermarmi, adesso. E dirlo a voce alta. Sembra una stronzata e forse lo è. Ma quando ero in ospedale per la nascita della mia seconda figlia io non volevo che le infermiere mi trovassero addormentata perché sembrava che fossi in vacanza e mi costringevo a restare sveglia nonostante l’anestesia da smaltire. Quando l’ho raccontato alla mia amica Betti eravamo all’angolo tra via XX Settembre e via dell’Arcivescovado, circa dieci anni fa, e lei mi ha detto “Sonia, datti tregua”. Ed è come se lo avesse scritto con una bomboletta sul muro di quel palazzo alle nostre spalle, cosa che lei non farebbe mai, ma è come se lo avesse fatto perché io lo vedo chiaramente ogni volta che ci passo e rivedo la sua espressione incredula davanti a questa mia ammissione e l’assoluta incapacità di capire cosa significasse per me. Mi riposo quando è tempo ed è la mia tregua, da me stessa, dal lavoro incessante che mi frulla in testa sempre.

Mi occupo di una bambina balbuziente, non fingo che sia cresciuta o che non sia esistita. L’ho scovata, tutta impolverata e con i capelli sottilissimi e me ne occupo. La porto con me, le racconto delle storie, vere, le chiedo di lei e aspetto che parli senza guardarla in modo insistente, girata di lato che non si imbarazzi e se proprio le parole incespicano troppo le dico che va bene così, che non è vero che deve dare il tempo alle idee di chiarirsi prima di parlare come le dicevano, perché lo so che ha le idee chiarissime, molto più di tanti adulti o sedicenti tali. Le dico che è il cuore che batte forte che le fa scivolare male le sillabe. Ma il cuore che batte così mica ce lo hanno tutti, anzi. Le passo la mano tra i capelli biondi, le sistemo gli occhiali dietro le orecchie e le dico che va tutto bene, lei è diffidente. Ma l’adulta sono io, devo essere io alla sua altezza, non lei alla mia. Me la porto dentro e la coccolo ogni giorno, sapendo che non crescerà mai, ringraziandola per questo. E per il cuore che abbiamo in comune, che mica ce lo hanno tutti.
Mi affido a chi sa, apertamente. E imparo da chi sa cose che non pensavo di imparare e nemmeno che mi importasse sapere. Bisogna bruciare settemila calorie per smaltire un chilo di grasso, o qualcosa di simile, pare. Per calcolare la massima frequenza cardiaca la formula è 220 meno l’età, grazie Stefano. soprattutto per la faccia teneramente incredula quando ti dico la mia età.  Quando descriviamo qualcosa non utilizziamo mai il senso dell’olfatto o del tatto ma prevalentemente la vista e l’udito, grazie Emiliano. La differenza tra colori caldi e freddi nelle tinte per capelli, per anni li ho confusi dicevo freddo e volevo caldo, grazie Gabriele, grazie.
Trattengo parole e frasi come una volta tenevo da parte la carta dei regali o i biglietti dei concerti, i tappi delle bottiglie di birra alla fine di serate speciali. Quest’anno vince quello che mi ha detto una signora con un maglione a collo alto:”non è vero che la gente vuole bene, lo dice, ma non è vero, perché chi vuole bene certe cose non le fa”. Dedico scaffali ai libri letti nello stesso periodo ma ho il mio preferito, quest’anno è Dolcissima abitudine, perché anch’io ho occhi importanti e non posso sprecarli con le bugie.

Non mi aspetto più che gli stupidi facciano cose non stupide, non mi stupisco quando gli intelligenti fanno cose stupide. Faccio cose stupide.
Assaggio vini nuovi e dimentico subito l’etichetta tanto c’è chi la ricorda per me e lascio fare, leggo con voracità e con tristezza per tutto quanto non riuscirò a leggere, vado a teatro di nuovo dopo decenni, progetto viaggi di famiglia, penso di più, penso più in basso che quasi mi sporco per quanto vado giù e penso più in alto che quasi non mi va di tornare, penso più lentamente ma con maggiore onestà. Mi difendo di meno e mi proteggo di più, indosso orecchini pendenti per una cena con amici, mi strucco ogni sera, quasi. Ho un nuovo mantra, sticazzi, perché sta bene con tutto, se qualcosa va bene, se qualcosa non va bene, se mi arrabbio, se mi spavento, se sono felice, se sono stanca. Recito anche ho-oponopono da metà ottobre ma sticazzi funziona di più.

Con il Natale ancora non ho fatto pace e penso che non succederà mai completamente, continuo a far finta che non debba arrivare o che non mi debba riguardare, compro i regali assegnati a me il 24 come se la cosa non mi riguardasse perché in fondo non mi riguarda. Poi lui arriva, veloce, quasi a toccarmi, prepotente. Ma la novità è che mi sposto, guardo sul sedile accanto a me la bimba bionda, aspettiamo che si schianti, tanto si schianta sempre. E sorridiamo senza dire niente, che ci è tutto chiaro.

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3 pensieri su “Cose del 2019

  1. Ma il guaio è che spesso per andare a schiantarsi non prendono un bel muro, ma vanno addosso a qualcun altro. E anche solo per questo che non dovremmo lasciargli strada. Quanto alla bambina bionda dille di cantare, di cantare sempre alla vita, anche se pensa di essere stonata, ma tanto non è vero e comunque non è importante. Poi volevo anche commentare su i frequentatori di prostitute, ma poi diventa un commento troppo lungo (ci metti troppo spunti nei tuoi post! Fanne di più e più corti!)

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    1. Mi sembrava una conquista, quest’anno, aver iniziato a scansarli. Adesso mi sento un’egoista pensando che si schiantino addosso a qualcuno che non si sposta. Al senso di colpa lavorerò nel 2020, che la bimba bionda dice che la storia è vecchia. ma se mi scanso e contemporaneamente suono furibonda il clacson dici che gli altri capiscono che devono sposatrsi e lasciarli schiantare contro un muro?

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