Durante questo periodo ma solo per ammantarle di maggiore intensità, come se capire qualcosa durante una quarantena di oltre cinquanta giorni nel mezzo di una pandemia che però a me, sinceramente, non mi ha turbata manco di poco fosse frutto di un lavoro profondo condotto su di sé, di un’introspezione spietata. E invece no. Perché già avevo capito, perché già ci sono nata con quella cosa spietata verso di me, dentro di me, in fondo a me che più di così solo un’analisi delle ecografie di quando il feto ero io. Ma è perché non esistono, altrimenti pure quello avevo già fatto. Non esiste niente che racconti il mondo quando mi aspettava, esiste il mondo prima di me, il mondo con me, esisterà il mondo dopo di me. Non esiste niente che racconti il mio viaggio prima, cosa succedeva prima, se qualcuno aveva lo sguardo puntato verso di me che ancora non c’ero ma stavo arrivando. Niente. Qualche foto di mia madre con un pancione enorme, una bambina con un cuscino appallottolato sotto un abito a fiori che gioca a diventare mamma. Io e mia cugina mettevamo il cotone nella canottiera per fingere di avere le tette, poi a lei sono cresciute per davvero, io ancora aspetto ma ho tolto i batuffoli e la canottiera.

Oppure fingerò e basta e non avrò comunque capito per tagliare corto in una conversazione quando non voglio che diventi una discussione, sempre più spesso, una leonessa stanca forse, o solo qualcuno che sa di non avere tempo.

  • Sono molto più credibile come lettrice che come madre. Le persone mi chiedono un sacco di consigli sui libri da leggere, io li dispenso generosa come non sono di natura e interpreto la necessità, la soddisfo, come un erborista che prepara l’infuso giusto. Sono stata nominata per ben due volte, forse tre, dai miei contatti facebook per quel giochino 10 libri in 10 giorni, 7 libri in 7 giorni. Ovviamente non ho partecipato perché non me ne fotte di fare queste cose. Invece nessuno, nessuno dei miei contatti mi ha nominata per fare la sfida della mamma più felice: nomina anche tu una donna che pensi sia una mamma speciale e sfidala a postare una foto, una soltanto, nella quale si sente la mamma più benedetta del mondo. Zero. Nessuno dei miei 100 contatti scarsi (sono una pessima utente dei social) ha pensato adesso nomino Sonia che comunque essendo mamma di Benedetta detta Pepe una qualche cazzo di credibilità come mamma benedetta dovrà pur averla. Zero. Ho visto nominare persone che non conosco ma che hanno delle facce che insomma pensi che i figli proprio gli sono capitati, che glieli hanno attaccati ai fianchi per fare la foto, come le scimmiette al circo, Cristina ha una foto così, scattata al circo appunto, con mio padre credo, il circo è una cosa che si fa con i nonni, e ha una faccia terrorizzata e disgustata e vorrebbe essere altrove e anche la scimmietta comunque non voleva starci lì, si vede chiaramente. Ho visto nominare persone che conosco che è meglio se fingo di non conoscerle così almeno non saprei quello che so. Comunque, niente, come mamma non convinco. Sappiate, cari contatti,  che non avrei partecipato perché non me ne fotte di queste cose.

 

  • Di politica non bisogna parlare. Mai. Esattamente come fanno i politici, mai. E nemmeno di religione, che poi è noiosa uguale. Ho fatto una cazzata: sono andata sulle pagine social di personaggi che detesto, pubblici, politici, sedicenti politici, solo per vedere quale tra i miei contatti li seguisse. E ho visto. Già lo sapevo, cioè lo sospettavo, lo pensavo, lo intuivo ma adesso ne sono certa. E se allora prima di uno pensavo che si, in fondo, è solo un ingenuo segaiolo adesso penso lurido onanista, se prima di quello pensavo che si, è solo un ragazzo limitato adesso penso che è immerso in un livello di conoscenza preculturale nel quale sguazza beato come un ippopotamo nella propria merda, li ho visti gli ippopotami allo zoo che non si chiamano più zoo come quello dove andavo da bambina, adesso si chiama safari park, ma è quella roba lì, ci avevo portato le ragazze quando erano più piccole, che comunque andare allo zoo è una cosa che si fa con i genitori.

Ho sbagliato ma ormai è fatta, continuerò a non parlare di politica con queste persone e forse parlerò sempre meno di tutto il resto perché comunque c’è un problema, grande, di fondo e cioè che io sono dispettosa ma davvero. E siccome a me della politica non me ne fotte proprio, io non voto da decenni che pure quando andavo al seggio poi scrivevo robe estemporanee che pensavo, tipo haiku, sulla scheda elettorale, tre versi a contenere il mio disappunto, siccome a me puoi dire che a destra fanno schifo e a sinistra di più perché, tanto, non mi tocchi in nessuna ideologia, in nessuna idea, siccome è così, ecco, se io so che l’onanista punzecchiato su quella roba invece reagisce ecco, niente di più facile che io lo punzecchio solo per vedere se esce acqua, come gli hamburger quando li butti sulla piastra e si rimpiccioliscono e sai che è carne di scarsa qualità. Secondo me l’onanista si rimpicciolisce. Parlerò sempre meno fino a non parlare più, come una leonessa stanca. Come qualcuno che sa di non avere tempo.

 

  • C’è un sacco di gente che ha un sacco di amici addetti ai lavori. Quali lavori non si sa ma sicuro sono ammanicatissimi e sanno già tutto. Quando finirà la quarantena, quanta gente c’è davvero nelle terapie intensive, i numeri, i numeri che sono sbagliati, la scuola che no, non riprenderà, le mascherine, no, il giro che c’è dietro le mascherine, ingenua che sei, che sono, non sai che giro c’è dietro le mascherine? No, non lo so, so che sono contenta che alcune persone debbano tenerla su, gliela lascerei obbligatoria a vita ad alcuni. Io non ho amici addetti ai lavori, quindi non so niente in anteprima e con certezza e per vie traverse, so però che a molti piace sentirsi un po’importante, se non per qualcuno perché non c’è quel qualcuno, almeno per qualcosa.

 

  • I maschi sotto i diciotto anni hanno voci odiose. Sono inascoltabili. Per carità, le femmine si dividono in due gruppi: le peppie e le inesistenti. Le peppie sembrano quella mia prozia zitella che poi alla fine ce l’ha fatta pure lei, “ha trovato” dicevano le sorelle ammogliate di lungo corso, ma nonostante il buon esito della ricerca le era rimasto quel fare noioso, sempre a puntualizzare, a dire agli altri come cosa e perché e soprattutto era sempre considerata zitella, come se quello che aveva trovato fosse un accessorio. Le inesistenti invece sono quelle che ti accorgi che non ci sono a metà dell’ora, quando le chiami per consegnare il compito corretto e allora scopri che nemmeno le avevi segnate assenti. I maschi però. I maschi. Cioè, alzano la mano e quando gli viene data parola questi invece di rispondere chiedono “qual era già la domanda”. Io non potevo crederci. Poi è successa questa cosa della didattica a distanza e allora mi succede di ascoltare le lezioni e le interrogazioni e gli interventi, la correzione dei compiti. Io dopo dieci minuti che li sento parlare non ne posso più. Ci sono i fenomeni, quelli che hanno la madre che gli dice, sicuro, che sono molto intelligenti e forse lo sono pure però per favore non ditegli anche che devono sempre candidarsi a leggere a voce alta. O che tutto quello che dicono è, davvero, interessante. Ci sono i paraculo, quelli che hanno la madre che gli dice , sicuro, che sono belli e simpatici e forse lo sono pure però per favore ditegli anche di smettere di toccarsi in mezzo alle gambe quando parlano. Per favore.

 

  • Inglese mi fa schifo. Ogni volta che arriva una mail della maestra di inglese mi vanno gli occhi al cielo e impreco malamente. La maestra di inglese scrive le consegne dei compiti in inglese ovviamente e a me sale un urto, ma un urto, un urto che le risponderei in latino e che palle. Matematica, geometria e scienze via, potrebbero non esistere. Anche se ho finalmente imparato la formula dell’area del cerchio. Ma non l’ho capita. L’ho solo imparata. Storia è sempre la mia preferita, geografia mi uccideva da studentessa e continua anche adesso, la morte per noia me la immagino così, durante una lezione di geografia. In analisi logica sono ancora e sempre campionessa del mondo, Cristina arranca un po’, Pepe le spiega la differenza tra predicato nominale e verbale almeno una volta alla settimana, io sovraintendo e intervengo quando le frasi si complicano un po’ ma solo per aiutarla a ragionare. A quale domanda risponde? Il complemento, a quale domanda risponde? C’è sempre una domanda alla quale rispondere. Cri a volte non sa rispondere, io a volte non voglio rispondere. Come una leonessa stanca, come qualcuno che sa di non avere tempo. Come chi ha capito che la domanda è più importante della risposta.

 

  • Mi affascina la manualità che non ho. Sono nota per non essere in grado di fare alcunché di manuale, sarà per questo che guardo rapita per mezz’ore intere e senza mai distogliere lo sguardo quei video che mostrano i mille utilizzi di una bottiglia di plastica, cosa ci si può fare con un paio di forbici e della colla a caldo. Oh, la colla a caldo. Non saprei da che parte cominciare. Il tappo della bottiglia di plastica, non buttatelo. Se lo forate e lo incollate alla piastrella diventa un portaspazzolino da denti. Irripetibile.

E le ricette, i dolci, gli impasti e la glassa e la forma del Pan brioches e tutti quegli ingredienti che no, io non ho a disposizione e che anche se li avessi no, no verrebbe mai così. Io guardo e so che no, io no. Mai. E con un calzino vecchio si può fare una mascherina, basta un paio di forbici e le forbici sono la sola cosa che ho ma io no, io non so tagliare andando dritta lungo una riga tracciata su un foglio figuriamoci fare una mascherina con un calzino, no, io no ma come è bello guardarli questi che con le mani sanno fare tutto. No, io no. Il regalo per la festa della mamma fatto a scuola, mi dico, Sonia, mi dico, ricordati quello. Quale, quello? Si, quello, mi rispondo. Quello. Il bocciolo di rosa sul rametto, di creta, dipinto a mano. Quello, Sonia. Che sembrava la deiezione di un cane con del sangue raggrumato sopra, roba da portarlo dal medico e non alla mamma. Si vedeva tra tutti, appoggiati sul davanzale della classe, si riconosceva senza leggere il nome, la maestra non aveva nemmeno controllato, sapeva già quando me lo ha restituito per portarlo a casa. Gli altri erano bellissimi, il mio no, io no. Scusa mamma, te la rifarei quella rosa ma lo sai, mamma, verrebbe uguale a quella lì, che avevi riso guardandola e lo sapevo mamma, lo sapevo che era una schifezza, mamma, tu che con le mani sapevi fare tutto e io invece no, no, io no, però l’avevi messa lo stesso lì, mamma, ricordi, sul comò della tua camera da letto, mamma, dove appoggiavi i gioielli, mamma.

 

  • Posso vivere senza vedere o sentire la quasi totalità delle persone che conosco congiunti compresi anzi congiunti soprattutto. Ho pensato di essere una bestia, peggio di una bestia. Ho pensato di essere anaffettiva, completamente. A volte lo penso ancora, in certi momenti di certe giornate quando mi sembra di non aver capito niente, di essere qui come potrei essere altrove, ovunque, e che in fondo me ne fotto di cosa succede fuori, chi ci vuole andare fuori a vedere, a sentire la gente, tutta questa gente. Mi viene il groppo in gola, un pugnetto chiuso sulle tonsille quando penso che no, io no, non sono anaffettiva o una bestia , solo che io sono così. Solo così. Sono una che con le mani non sa fare niente, una a cui non pensi di associare le beatitudini della maternità, una che no, non gliene fotte di un sacco di cose. Una a cui non manca nessuno, perché le ragazze sono qui, lui è qui. Quando Cristina aveva un anno e mezzo e sua sorella era un abbozzo nella mia pancia ma c’era la sua ecografia che anticipava al mondo, a me, che lei stava arrivando e che quindi no, il mondo sarebbe cambiato e che no, io no, nemmeno io sarei più stata uguale, un pomeriggio Cri ci aveva presi per mano, a me la destra e a suo padre la sinistra e pensavamo volesse fare quella cosa del vola vola vola e invece lei aveva detto “mamma,papà, io, tutti” e avevo sentito il pugnetto chiuso sulle tonsille perché avevo capito la domanda, quella, quella che mi facevo di continuo da quando infilavo il cotone nella canottiera e mai un cuscino sotto il vestito, no, io no, io mai  e che mi sembrava di ripeterla e basta, come la formula dell’area del cerchio, di ripetere una cosa che però no, io no, io non la capivo e invece lì, con la mano stretta sul pugnetto di Cri ecco, lì, capivo la domanda, quella, e iniziavo a lasciar perdere le risposte, come una leonessa stanca, come qualcuno che sa di non avere tempo.

 

fotousare

 

 

 

 

 

 

 

 

5 pensieri su “Elenco delle cose che fingerò di aver capito durante questo periodo

  1. La finzione in realtà appartiene all’arco temporale, giusto? Cioè, quelle cose le sapevi anche prima? Se ho indovinato è proprio quello che sta capitando a me. Forse l’ho anche scritto nel blog, non mi ricordo, ma veramente questo periodo così strano e fuori dal tempo, mi sta solo fortificando cose che già sapevo, di cui ero già arciconvinto. E non va bene, bisognerebbe sempre riuscire ad imparare cose nuove. Però non mi pare proprio che sia così

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    1. oh ma io ho anche imparato cose nuove come sturare un lavandino con bicarbonato e aceto. o a caricare il video dell’esercizio con la clavietta su google drive e poi metterlo sulla piattaforma della didattica a distanza. o che la reciprocità è un talento naturale. però si, ho consolidato vecchie consapevolezze ma va bene, mi sembra di muovermi al buio in casa mia, va bene.

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