Ho un’abilitazione in “fare ciò di cui c’è bisogno”. Ho maturato una competenza tale in questo settore da essere a pieno titolo la donna del Bisogno. Altrui.
Avrei preferito essere la donna dei sogni, ma tant’è…
Ho sempre fatto quello che bisognava fare, iniziando la mia carriera da giovanissima, come bambina del Bisogno.
Bisogna far giocare il fratellino. Bisogna fare tutti i compiti prima dell’ora di merenda altrimenti niente Bim Bum Bam su Italia Uno. Bisogna andare bene a scuola. Bisogna saper aspettare Natale per avere Giovanna A.
Bisogna occuparsi della sorellina. Bisogna imparare a rifare i letti e pulire il bagno perché se anche da grande avrai la possibilità di avere una domestica questa ti fregherà se tu non sai come si fa, ti dirà che ha pulito e invece non lo avrà fatto. Un’adolescenza a pensare che avrei dovuto imparare, secondo questa logica, a fare un sacco di cose da sola perché lì fuori il mondo è spietato.
Da ragazzina ho provato a uscire dal corso, a farmi bocciare, a dire che non mi interessavano i bisogni ma non ci sono riuscita perché c’era bisogno.
Bisogna togliersi lo sguardo infastidito quando parli con certe persone, come se fosse un accessorio,un abito, invece è come il naso a patata,allora tolgo anche quello.
Bisogna studiare.
Bisogna aiutare papà con il lavoro, “questo lo sai fare? No?! va bene, impari, hai imparato visto?”
Bisogna trovarsi un altro lavoro “ho bisogno che tu faccia questo, lo sai fare? No?! Va bene impari, hai imparato ,visto?”
Da grande ho riprovato, ma niente. Bisogna lasciar perdere.
Bisogna portare i bambini al mare proprio lì , così la nonna si sente a suo agio perché bisogna che la nonna si senta a suo agio.
Bisogna che viviamo qui. Bisogna che fai il budget.
Bisogna togliersi lo sguardo infastidito quando parli con certe persone…
Anni di bisogni. La donna del wc. Solo che a un certo punto, non so bene quando, sono scappati a me i bisogni. I miei bisogni. Sono scappati e finiti nelle dita sulla tastiera, nella penna recuperata in auto, in fondo al cruscotto, sotto il tagliando dell’assicurazione che non serve più ma che non ho buttato perché poteva avere un’utilità, al bisogno, anche solo per sputarci la gomma da masticare dentro.
Adesso ho i bisogni sparsi, che si confondono e si mischiano con i sogni recuperati anche quelli in fondo al cruscotto, che nel cassetto non ci stavano più, che alcuni li ho usati per sputarci la gomma da masticare,che mi sembra strano parlare di sogni alla mia età, in cui si ragiona di progetti ma sarà che non voglio ragionarci, che mi affaccio ai 40 come a dire ma chi, io?!, che adesso si ride, o si piange, perché tutto fino a qui è stato un baleno da non ricordare come ci si è arrivati se non fosse per le righe intorno agli occhi, pentagramma su cui ho suonato tutta la musica che so, a volte improvvisando, e per quelle due strane creature che mi danno la misura del tempo e mi spostano l’orizzonte sempre un po’ più in là ,che dai 30 ai 40 è più quello che ho aggrovigliato di quello che ho districato e i sogni e i bisogni, come i nodi, a un certo punto vengono al pettine e adesso è il momento in cui bisogna scioglierli e sceglierli.
Il bi-sogno di cedere nonostante l’educazione alla resistenza.
Il bi-sogno di mandare tutto per aria nonostante il panico da senso di responsabilità.
Il bi-sogno di dire tutto quello che penso nel modo in cui lo penso, senza alcun nonostante.
Il bi-sogno dannato di fare qualcosa che amo alla follia nonostante la zona di confort .
Il bi-sogno di vedere qualcosa di talmente bello che mi faccia male, mi stordisca, mi dia uno schiaffo nonostante la paura di tutto quel dolore.
Il bi-sogno di dormire nonostante la sveglia.
Il bi-sogno di dire “mi sono dimenticata” nonostante me.
Il bi-sogno che certe persone vedano il mio sguardo infastidito su di loro e se ne sentano trafitte quel tanto che basta a levarsi di torno.
Il bi-sogno di piangere nonostante il mascara.
Bi-sogno di creare ancora, oltre la maternità realizzata, bi-sogno di vita affamata da nutrire, bi-sogno di curiosità da alimentare, soffiando sul fuoco, su tutti i fuochi che io sono.
Bi-sogno di tempo nonostante l’orologio.
Bi-sogno di momenti catartici di malumore e pensieri cupi, neri e densi nonostante le apparenze.
Bi-sogno di sentire i 40 come 20+20, nonostante lo specchio, quando parlo con la mia amica, quando mi schiaccio un punto nero in bagno da sola, quando una commessa mi dà del tu, quando muovo il polso e tintinnano i braccialetti.
Bi-sogno di indossare con piacere il suono rotondo dei 40 nonostante tutti i miei spigoli, sentendomi finalmente comoda, rinunciando a quello che segna, scopre, strizza e impietoso mostra ciò che non è più e ciò che ormai è.
Bi-sogno di ridere ancora e sempre,di quello che è stato e di quello che sarà, che non si può sapere se il peggio deve ancora arrivare, quando arriverà e come sarà vestito, che non è detto che il meglio sia già passato e sia rimasto incastrato nelle ciglia in quel battito di palpebre che è stata la vita sino ad ora, nel dubbio dell’attesa del bello e del brutto, dei tempi bastardi e degli anni migliori ridere, ridere, ridere fino alle lacrime, che ridere e piangere sono opposti e uguali, segno contrario per la stessa liberazione , ricerca della stessa libertà, nonostante il mascara.