Mi accadono giorni lattiginosi, biancastri e annacquati. Giorni che infiltrano come liquidi riversati sul pavimento, faticosi da raccogliere e sempre un po’ appiccicosi. Mi accadono giorni alla rinfusa, mescolati come numeri della tombola, incasinati come le mutande nel cassetto di Cri e sempre un po’ sparpagliati. Mi accadono giorni silenziati così da non da disturbare, giorni a cui tolgo il volume e disattivo le notifiche, come il gruppo whatsapp della classe, giorni sempre un po’ imbozzolati. Mi accadono giorni fastidiosi, giorni di prurito sulla schiena in un punto dove non ci si riesce a grattare da soli, giorni sempre un po’ contorsionisti.
Mi accadono giorni rimuginanti di parole impastate sul palato come l’ostia durante la comunione, giorni in un angolo a rimettere insieme pezzi come un esame di coscienza, giorni sempre un po’ ricuciti. Mi accadono giorni che non raccolgo da terra, li lascio stare come giocattoli dimenticati, giorni sempre un po’ disordinati. Mi accadono giorni lontani come le fotografie con i nonni e la frangetta, l’occhio storto e il sorriso forzato, giorni sempre un po’ infiniti. Mi accadono giorni vicini come coltelli accanto alle forchette nel portaposate nel primo cassetto della cucina, giorni sempre un po’ apparecchiati. Mi accadono giorni rovinosi preannunciati da un refolo lieve e che diventano imprevedibile burrasca, giorni sempre un po’ irreparabili.
Mi accadono giorni interrotti come un discorso quando suona il telefono e devi rispondere, come un sogno quando la notte finisce e sempre un po’ mutilati. Mi accadono giorni difettosi come un pantalone quando casca male sul sedere, una giacca corta di manica e stretta di spalle, giorni sempre un po’ di cattiva fattura. Mi accadono giorni ignorati come certe persone che tiri dritto e va bene così, come certi argomenti che adesso no e sempre un po’ offesi. Mi accadono giorni insoluti, come una ricevuta bancaria quando non la paghi, come una litigata quando non la chiudi che sia anche con un pugno dritto sul naso, come una traccia se non la segui fino in fondo e sempre un po’ a credito, o a debito, dipende da dove ti metti.
Mi accadono giorni rituali come una preghiera. Giorni che non danno conforto ma ripetono una speranza, giorni consacrati a una divinità e sempre un po’ bestemmiati. Mi accadono giorni reietti come avanzi di galera, come adulteri che non chiedono perdono e, anzi, sfidano la fede e calciano le definizioni fino a farle franare. Giorni sempre un po’ ostracizzati. Mi accadono giorni interi come unità di misure senza gradazioni, come colori primari senza diluizioni, come alleli dominanti e sempre un po’ prepotenti.
Mi accadono giorni involontari come il cuore che non ne può niente se batte e per chi batte e per chi non batte più. Come i sogni quando la notte inizia e tutto può accadere anche nelle notti che non accadono mai. Giorni sempre un po’ irresponsabili. Mi accadono giorni impetuosi come un fiume quando rompe gli argini, come le mie parole quando si staccano dal palato e danno un pugno dritto sul naso e sempre un po’ in tempesta.
Mi accadono giorni materni e nutrienti, giorni che profumano di torta con il lievito vanigliato e la cottura giusta, di pelle del collo quando si fa cuccia per i cuccioli e sa di buono e di amore, giorni sempre un po’ eterni. Mi accadono giorni migliori come gli anni passati quando li ricordi e sei clemente e indulgente e la verità è che non è vero niente. Giorni sempre un po’ alterati. Edulcorati.
Mi accadono giorni peggiori, come la versione di me davanti alle frasi sgrammaticate di soggetti patetici, quelli del pugno dritto sul naso. Giorni sempre un po’ vendicativi. Mi accadono giorni lenti come l’attesa di una risposta che non è mai veloce come la domanda, lenti come la vendetta quando aspetti che si freddi e non sai come capire se è arrivato il tempo. Giorni sempre un po’ interlocutori.
Mi accadono giorni leggeri come una borsa vuota, un bicchiere pieno, un cielo sopra la testa che non minaccia, la testa non il cielo. Giorni sempre un po’ più rari. Mi accadono giorni ridanciani come una cena con mio fratello, come un gioco che non coincide con l’anagrafe. Giorni sempre un po’ di meno.
Mi accadono giorni onesti come lo specchio davanti alla doccia. Come le assenze che sono unità di misura delle presenze, senza gradazioni. Come i silenzi con cui non riprendi un discorso interrotto e lasci che quei lembi stanchi sbuffino ai refoli.Giorni sempre un po’ di più.