C’è una canzone, una canzone di Fabri Fibra, Lascia stare, che a un certo punto fa “se parlo dei fatti miei la gente si offende”. Si, io sono una persona che dice che le canzoni fanno. Dico: “come si chiama quella canzone, quella che fa così…”. Le canzoni fanno, mi sembra sia corretto dirlo. Le canzoni a volte fanno schifo, le canzoni fanno piangere, fanno innamorare, a me è successo di innamorarmi di una canzone e poi di aver bisogno che ci fosse un ragazzo a cui pensare e allora lo trovavo e me ne innamoravo, per forza e alcune canzoni fanno guarire, a me fa guarire L’Ultimo Spettacolo di Vecchioni, mi ha curata due anni fa quando quello che amavo, la mia vita, la mia famiglia erano come in terapia intensiva e dovevo decidere se accanirmi con le cure o staccare le macchine. Le canzoni fanno ricordare. Ci mancava che Spotify sdoganasse Battisti sul finire di quest’anno che è stato un anno difficilissimo e bellissimo e bruttissimo e non mi ci voleva questa, che sembra facile non ascoltarlo se lo sai che dopo è difficile, che pensavo fosse dimenticata quella roba lì e invece lo metto e ciao, parte il carrozzone del groppo in gola e penso che ne sai tu di un campo di grano e se è vero o no che credo in Dio . Si, io sono una persona che dice che le canzoni si mettono, gli autori si mettono. Io in macchina li metto. E aspetto a scendere finché non è finita la mia canzone, quella che fa, quella che mi fa.
Io sono una persona che parla dei fatti propri, qui. E c’è gente che qui viene e poi si offende. Ma è facile non offendersi, basta non venire qui. Una volta un mio amico mi ha detto che smettere di fumare è facile, basta non fumare. Ecco. Basta fare altro quando viene voglia di accendere una sigaretta, il cervello si può ingannare, diceva, o perlomeno distrarre. Qui è uguale, basta andare su un altro blog, magari di cucina, e non ci si offende ma non è che si può dire a una persona di non raccontare i fatti propri. Soprattutto se questa persona è dispettosa.
È difficile essere dispettosi quando si è adulti ma non è qualcosa che puoi smettere di essere, puoi anche smettere di fare i dispetti, non è facile ma si può, ma non puoi smettere di essere dispettosa. Io ho lo sguardo dispettoso. Per quello tengo sempre su gli occhiali da sole, anche in pieno inverno, mica è vera quella stronzata che mi dà fastidio la luce. Ho gli occhi talmente scuri che non patiscono niente, anzi. Veramente qualcosa patiscono: le persone che non mi piacciono. È facile non piacermi, basta pochissimo, basta essere uno che urla, uno che parla a voce alta, uno di quelli che chiamano i figli o le mogli o i mariti a voce alta in mezzo alla strada, in mezzo al cortile della scuola. Basta essere un furbo. A me i furbi non piacciono, i furbi quelli da pianerottolo, i furbi che lasciano la macchina a cazzo, tanto è solo un minuto, quelli che tagliano la fila tanto devono solo chiedere una cosa, veloce. Basta essere uno che cerca di fare pena, uno che smuove la leva emotiva della compassione. Io tengo su gli occhiali da sole ma si capisce lo stesso, perché è facile capirmi. Davvero. È facile capire se mi piaci o no, non faccio molto per nasconderlo. Anzi, niente. Se rido di qualcosa che dici mi piaci. Facile. Ma non devi toccarmi quando mi parli, altrimenti non mi piaci più.
È difficile che io mi offenda. Fondamentalmente non me ne frega molto di cosa dicono perchè sono presuntuosa. È facile trovare i miei difetti, sono tutti in superficie, sono tutti a vista. Mi offendo quando viene presa in giro la mia intelligenza, quando sento bugie, quando rigirano le parole o sbagliano la ricostruzione fattuale di un evento per sua natura collocato nel tempo e nello spazio. Per il resto no. Comunque è difficile starmi accanto, non tanto per i difetti che quelli sono e non sono nemmeno così insopportabili, ma proprio per me, è la mia costituzione che rende difficoltosa la vicinanza. È difficile che io voglia avere qualcuno accanto perché ho la soglia dell’insofferenza bassissima, mi ci sono voluti oltre diciotto mesi di psicanalisi per capire che ci sono cose, persone e situazioni che mi scatenano insofferenza e per imparare a prevenirle ed evitarle, non è facile, non sempre mi riesce, ci sono momenti in cui ancora ci casco dentro e allora lì, lì diventa difficile, difficilissimo, vivermi vicino, sfiorare il mio fianco è come togliermi l’aria, cercare di calmarmi è come innescare un ordigno. Non è facile ripararsi, è come dinamite.
È facile sorridere divertita quando qualcuno che non vedi da quindici anni ti dice che non sei cambiata per niente “nemmeno di un minuto” e tu rispondi con quel sorriso e ci aggiungi un “magari” e lì, dietro a tutto , dentro a tutto, pensi a quanto è stato difficile ma salvifico, invece, essere cambiata così, così tanto e ripensi che odiavi la montagna mentre aspetti la neve per ciaspolare nei boschi , che tuo marito era sposato con un’altra, che forse di figli non ne volevi e lei invece si, che la tua laurea era sbagliata e faceva sentire sbagliata te, che i cani sotto i trenta kg non erano cani e accarezzi il tuo chihuahua blu a pelo lungo che sei andata a prendere a Novara in un pomeriggio di pioggia dopo averlo aspettato per due anni e no, nemmeno le figlie hai atteso così, che ancora cadevi nel tranello del senso di colpa ma per fortuna funzionava già il meccanismo dell’intuito, che non hai avuto coraggio in un sacco di occasioni, che sei inciampata in giornate e persone che dovevano essere memorabili e invece non te le ricordi, che il tuo addome aveva la pelle liscia e compatta, il tuo sorriso era un siparietto divertente mentre adesso è un sipario a volte pesante da aprire su un teatro mezzo vuoto, che c’erano persone che sapevano se era vero o no che credevi in Dio e adesso non lo sai nemmeno tu.
È facile offendersi, quando sai di aver sbagliato. È difficile dirlo, lo so, è difficile per tutti. Io ho sbagliato quando ho pensato di lasciar stare. È difficile fare la conta degli errori accumulati nella nostra vita e in quella degli altri, soprattutto nella nostra però. È facile ascoltare una canzone che ci dia ragione, è difficile ascoltare una persona che non ce la dà. E che non la vuole. E’ difficile se ti dicono “lascia stare” non lasciare stare ma se sei dispettoso è più facile.
Mi induci a riciclare questa:
Ma non dimenticare le canzoni che ti hanno fatto piangere.
E le canzoni che ti hanno salvato la vita.
Sì, sei più vecchio ora, e sei un porco intelligente.
Ma quelle erano le sole che ti stavano accanto.
The Smiths – Rubber ring
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ci penso da due giorni. grazie.
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