So di te quel che tutti sanno. Che ti chiami come tuo nonno e ti sta bene così, quanti anni hai, il tuo segno zodiacale, il solo che attraggo da sempre chissà perché, il lavoro che fai, lo sport che non pratichi più e che ti è rimasto cucito addosso sul palmo della mano con cui impugnavi la racchetta. Che detesti l’aceto e tutti pensano sia colpa delle suore, all’asilo, invece no. E’ un’altra storia, una storia di mancanze e di mancamenti  lontani.

So di te quando non c’ero. Un gatto bianco sotto il collo, una torta di compleanno, la foto con i padrini. La moto, le uscite laterali, la tua capacità di scivolare su una discussione o su una tavola da snowboard come se fosse la stessa cosa, bastava andare via senza dar nell’occhio. Le vacanze  in Spagna quando lei ti ha lasciato, il treno per Napoli in divisa, i tornei di tennis e quel verso dietro le orecchie, la disapprovazione, un rimprovero che sa di aceto. Il tuo egoismo per non lasciarla, che non si facesse male per colpa tua, per carità.

So di te quel che nessuno sa. Che mi guardi la schiena e dove da sola non mi vedo e non ti fa paura mai. So  come ti chiama tua figlia, che poi è anche la mia, Pappo e come ti chiama mia figlia che poi è anche la tua, Papi . Come ti chiamo io, no, non lo dico.  Che ami guidare nella nebbia, guardare “Una poltrona per due” la vigilia di Natale, la chiesa di Santa Rita se sei di passaggio, la montagna quando arrivi in vetta e respiri rumorosamente come per ripulirti il naso che fa anche un po’ schifo e togli i guanti e metti le mani sui fianchi sorridendo che più su non potevi andare.

So di te che quando hai paura le mani ti diventano fredde e gli occhi ti si rimpiccioliscono e lo sguardo casca verso il basso anche se non abbassi il volto. So di te quando hai paura. E riguarda quasi sempre noi, me o loro e poi anche te, quando stai male e non sai cos’hai e non sai di te ma sai di me che banalizzo sempre, che poi è un esorcismo e niente più. So di te lo spazio che occupi nel letto, il passo lieve di notte quando ti alzi per pensieri pesanti che proprio non puoi fare diversamente, il piumone appena sollevato quando torni  dopo un po’, la domanda con cui inizi ogni mia giornata “hai dormito?” perché tu sai di me che a volte di notte vado molto lontano o che mi sveglio  e resto così, a raccontarmi parole fino al suono della sveglia e sono le ore in cui prende forma quel che scrivo o anche solo quel che sento ammesso che ci sia differenza. So di te cosa mangi a colazione e che il caffè lo prendi dopo, in ufficio. L’ultima cosa che indossi è l’orologio e a volte dimentichi il telefono.

So di te quando sono arrivata che non ci credevi a due occhi scuri così,  eri certo che fosse per un momento e basta e mica potevi cambiare i piani, deludere le aspettative per due occhi scuri così, impensabile, nessuno lo avrebbe fatto, per carità.  So di te che guardavi la mia bocca, sempre, ed eri certo che non fosse per un momento e basta una bocca che dice le cose come le diceva la mia, come se niente prima fosse stato importante, soprattutto i piani o le aspettative.

So di te le cose che non dici. Non quello che non dici ma che ci sono cose che non dici e te la lascio lì, come la biancheria pulita sul comò, finché non ti va di mettere a posto.  So di te le cose quando stai per dirle, l’espressione del tuo sguardo, dove lo appoggi, sulla mia bocca, niente di importante. Le mani, il pollice di lato, l’unghia da torturare. So di te le cose che dici. Le parole che ti appartengono, quelle che hai abbandonato, i periodi in cui hai una parola ricorrente. Quando sono arrivata dicevi “”oriundo”, mi faceva sorridere la tua capacità di infilarla in contesti impensabili. Poi c’è stato il momento del “confutare”. Adesso “il concetto”.  So di te le cose che hai detto. Non tutte, alcune sono sul comò. Quando vorrai.

So di te cosa ti ho preso, sai di me che è tutto al sicuro.

So di te che leggi più libri contemporaneamente e non so come fai. Due o tre libri sul comodino, un po’ uno un po’ l’altro, a sere alterne, la stessa sera a volte.  So di te che quando mi leggi lo fai tra le righe perché tu sai che è lì, lo specchio, la quota di verità che restituisco, il panno steso ad asciugare, il demone che vuole mangiare, l’esorcismo.

So di te quando non ci sarò. Avrai le mani fredde e ti spariranno gli occhi dal viso, ma solo per un momento, perché tu sai di me.

Sai di me. Hai il mio sapore, so di te che sai di me dalla prima volta della mia bocca sulla tua. Ecco perché niente è stato importante, prima.

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2 pensieri su “So di te

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