Per la cassiera del mini market vicino al mio ufficio io sono una casalinga svogliata con problemi di ciclo mestruale, una che compare sulla porta scorrevole solo dopo le 12.30, compra banane, insalatone e tonno, focaccia o pane già pesato e insacchettato, a volte delle polpette pronte in gastronomia incellofanate  in un contenitore adatto al microonde, assorbenti per  l’appunto e di tanto in tanto qualche biscotto  per cani. Mi vede solo durante i giorni feriali e pensa che il sabato o la domenica vada a fare la spesa in uno di quei supermercati grossi, magari con mio marito-porto la fede all’anulare- e così lui mi dà una mano con le casse dell’acqua, perché lì non le compro mai. O con i detersivi, che ingombrano. Le chiedo sempre un sacchetto e mi incasino per aprirlo, lo sfrego tra il pollice e l’indice, ci litigo sempre un po’, a volte le chiedo aiuto, a volte me lo offre lei. Svogliata e imbranata, pensa. E senza attenzione verso l’ambiente, invece di comprare una delle borse riutilizzabili che sono lì accanto alla cassa apposta, belle gialle resistenti e catarifrangenti.

Ne ho il bagagliaio pieno, è che mi dimentico di prenderle. E il sacchetto mi serve, lo uso per la spazzatura in ufficio, per la plastica. Bevo quasi due litri d’acqua al giorno, poi schiaccio le bottiglie nel senso della lunghezza e tolgo la carta,che butto in un enorme sacco di carta che svuoto nel bidone condominiale della carta, e poi inizio un’altra bottiglia. Si, l’acqua la compra mio marito, il sabato o la domenica, poi mi mette una o due casse in macchina e io il lunedì la scarico in ufficio. Va da solo, io non lo accompagno e nemmeno scrivo la lista da quando gli ho raccontato che Umberto Eco diceva che c’è una sola cosa che si scrive per se stessi ed è la lista della spesa e lui mi ha risposto che no, io nemmeno quella. Perché la scrivo per lui. È vero, non vado a fare la spesa, non ne  ho voglia. Però non ho problemi di ciclo, ancora. È che lui si dimentica di comprare gli assorbenti. O sbaglia la tonalità di viola che intendo.

Per la custode della scuola delle mie ragazze sono una mamma che da dieci anni varca quel cancello alle 16, difficilmente in altri orari. Pochi colloqui, poche dimenticanze a cui porre rimedio, magari la clavietta per musica prima che il maestro si accorga che è stata dimenticata e attribuisca un meno, dopo tre meno c’è la nota e lui è uno che con le note ci vive. Le mie ragazze per fortuna non fanno raccolta punti di meno. Nemmeno di più, ma va bene così. Poche uscite prima dell’orario, poche telefonate di quelle che generano ansia sempre a ridosso del fine settimana quando sai che trovare il pediatra sarà difficile.  Una mamma che saluta sempre ma non dà confidenza, quando deve chiedere un’informazione inizia la frase con “buongiorno”. Una mamma che esce con le ragazze accanto, una a destra e una a sinistra, e le ascolta contemporaneamente senza dimenticarsi mai di salutare anche quando va via.

Per la nonna sempre sorridente dell’amica di Pepe sono una ragazza che potrebbe essere sua figlia, anzi, persino più giovane, tanto cara e gentile.  Per la mamma invadente e rumorosa che lascia la macchina sempre sulle strisce sono una  spocchiosa che non saluta e con figlie con problemi di socialità perché non vanno alle feste, ovvio con una madre così, mica come i suoi figli che per fortuna hanno lei da cui imparare.  Per  gli allenatori di Karate sono una che non capisce niente di Karate ma purtroppo ne capisce di organizzazione e di lavoro per obiettivi e fa le facce quando qualcosa non funziona. Per gli allenatori di Tennis forse non esisto. Forse sono una macchina fucsia dalla quale Pepe viene scaraventata davanti all’ingresso del circolo all’urlo di “aspetta papà dentro se non lo vedi alle setteeeeee”. Per i ragazzi della scuola di windsurf di Cri sono una stordita con pareo colorato capace di presentare le proprie figlie con un grande enorme sconsiderato sorriso dicendo “loro sono Cristina e Benedetta, come le sorelle Parodi ma non lo sapevamo quando abbiamo scelto i nomi”. Che perché mi è venuto di dire una cosa così io non lo so. E quante possibilità avevo che delle tre persone presenti una fosse la figlia di una delle sorelle Parodi?  Per il calcolo delle probabilità io sono quella probabilità.

Per la mia migliore amica sono la sola a cui poter raccontare certe cose. Per Pepe sono la sola a cui non poter raccontare certe cose, solo che lei ancora non lo sa. Per mio padre sono quella dei tre che più gli somiglia, per fortuna dice, purtroppo pensa. La più facile e la più complessa, irriducibile barricadera. Lui me lo porto addosso come un tatuaggio, nella macchia di caffè uguale alla sua, nel sorriso quando c’è, nelle parole sempre ruvide ma sincere. Per mia madre sono quella dei tre che meno le somiglia. Niente. La più difficile e la più complessa, irriducibile barricadera.  Con le mie parole ruvide e sincere ai limiti dell’irriverenza, ma chi la vuole tutta questa sincerità?  Con l’aria di chi sa tutto e sale di un gradino, due , tre… mia madre che non so quando capirà che non so niente e ne sono sempre più sicura. E che non si tratta di salire sui gradini più alti ma di mettersi al riparo dove è più difficile che ti urtino mandandoti in pezzi. Niente.

Per Cristina sono  the best mum in the word.  Mi ha mandato un collage di foto che mi ha scattato, alcune veramente inguardabili, una in particolare, eravamo nella sala d’aspetto del loro oculista, avevo un pantalone giallo, non come la borsa del market, però giallo, si, direi indubbiamente giallo e in foto si vede proprio che ho questo pantalone giallo e non so se lo rimetterò mai più , e niente in questo collage ha messo i cuori e poi questa frase, the best mum in the word. Hai sbagliato, le ho detto ridendo. Io rido quasi sempre quando le faccio notare degli errori, mi sembra che pesino di meno così. Allora ha riso anche lei per quella elle dimenticata, prima però ha detto, no, dove? Lei fa così, sbaglia nega e nello stesso momento chiede dove tutto senza prendere fiato. World. Word vuol dire un’altra cosa, le ho detto. Qui. Qui, non hai messo una elle.

Per Cristina comunque non si tratta di un errore  a pensarci bene. Quindi, le ho chiesto, sono la mamma migliore a parole, così, in teoria, una mamma fuffa insomma? No, la migliore mamma nella parola, mi ha risposto, dentro la parola.

Per lui sono la libertà di essere se stesso in cambio della reciprocità.  A volte io urto contro i suoi spigoli e mi spunta un livido, a volte lui evita le mie risposte chirurgiche e prova con l’omeopatia ma  sa che non funzionerà. A lui spaventa la chirurgia, io sbatto sempre nello stesso punto, non la prendo più larga, non giro intorno, punto dritta allo spigolo, ogni volta. Tanto poi i lividi passano. E anche lo spavento.

Anni fa la psichiatra mi disse che i figli sono i nostri biglietti da visita nel mondo. La frase era calata in un contesto più ampio, non era buttata così, come la sto dicendo io adesso.  Il contesto un po’ l’ho perso di vista con il tempo, ma questa frase me lo sono portata addosso come un tatuaggio. Io per me sono la somma delle ore trascorse da sola. Sono mia madre quando mi costringo ad alzarmi alle sei ogni mattina, a fare colazione, a lavarmi ma sembra sempre che non sia abbastanza. Sono la mia migliore amica quando mi guardo allo specchio per dirmi quella cosa lì, quasi in silenzio che nessun altro senta. Sono mio padre, quando mi corazzo per uscire e mi controllo sempre un po’ a distanza,  sono mia figlia quando mi dico va bene, puoi farlo. Sono mio fratello quando rido senza controllo che sembra stia piangendo. Sono dio quando non penso che la vita mi punirà se non provo affanno in quello che faccio. Sono lui quando mi vedo ancora bella e sono me quando invece no. Io per me sono un biglietto da visita vecchio, qualcuno ha tirato una riga sul numero di telefono che nel frattempo è cambiato, ha aggiunto a penna un indirizzo mail, forse non ricorda dove l’ha messo ma in fondo non c’è più nessuno che lo chiede. Io però ho un biglietto da visita pieno di cuori. Non c’è il mio nome, quello che conoscono tutti perchè non serve,  ma c’è il posto dove trovarmi in giro per il mondo, tra le parole, nelle parole.

 

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