Tra pochi giorni compirò 41 anni.
41 è un numero che non mi piace, nessun problema con il 4, con il 40, anzi. 20 da una parte e 20 da un’altra sono una bella tavolata. Tutti seduti per bene, nessuno a cavalcioni delle gambe del tavolo, i primi venti balbettanti e faticosi guardano i secondi venti affaticati e declamati. I primi si fanno ricordare mentre i secondi non smettono di raccontare. Eccoli i miei quaranta, seduti comodi, nessuno stretto, i primi venti fanno i timidi, tra i secondi qualcuno indossa abiti attillati e scarpe troppo alte, qualcuno è stretto ma non tra gli altri, è stretto di una stretta al cuore, è stretto tra pensieri che stritolano.
Tra i primi ci sono gli illusi, quelli che hanno creduto di poter entrare nel gioco. Tra i secondi ci sono tanti delusi, quelli che dal gioco sono stati buttati fuori. E spuntano i primi disillusi. Quelli che direttamente non giocano, tanto sanno già che non verranno scelti o che saranno messi fuori alla prima occasione.
Adesso arriva questo 1 che obbliga tutti gli astanti a sollevare lo sguardo e fissarlo. Chi è? Cosa vorrà? Cosa porta? E’ venuto a prendere le ordinazioni? Si vorrà mica sedere qui?
Ha un’aria così sola. Un’asticella con una mezza tettoia a riparare dal sole, un abbozzo, un inizio. È a punta.

Come la punta del coltello. I secondi venti il coltello lo impugnano dalla parte del manico perché i primi se lo sono trovato puntato contro qualche volta. Ma non serve più per tagliare o per minacciare. Serve per raschiare via le macchie resistenti come quelle che restano dopo una ristrutturazione, quel misto di calce e pittura per pareti. Si mette il coltello con la punta di taglio e si gratta via, altrimenti non verrà mai pulito.
È a punta come l’orgoglio quando ce n’è solo un po’, quel tanto che basta a non lasciare che gli altri ti imbrattino ma non così tanto da imbrattare senza provare vergogna. I primi venti non sanno cosa sia, per quello i secondi si sono dovuti regolare, sbagliando per eccesso e troppo spesso per difetto.
È a punta. Come il naso. I primi venti lo infilavano per scovare segreti, certi che gli si stesse sempre celando qualcosa. I secondi no. Hanno qualche segreto da tenere e invidiano la capacità dei cani di capire tutto con un’annusata di culo. Ma riconoscono un cattivo odore anche sotto litri di profumo costoso e si allontanano disgustati.
È a punta come i piedi per sollevarti un po’, quel tanto che basta. A spolverare in alto, a prendere le coperte pesanti sul ripiano, quello lassù, a cercare un nascondiglio sicuro contro ladri alti meno di un metro e sessanta e incapaci di sollevarsi sulle punte. A baciare. I primi venti in punta dei piedi cercavano solo di non far rumore, di passare inosservati. Ogni tanto hanno tentato di guardare un po’ oltre ma non si vedeva niente.
È a punta. Come le dita. I primi venti le tenevano chiuse nel palmo e si lasciavano i segni con le unghie da quanto stringevano. Avevano paura di indicare, di sfiorare, di contare. I secondi le hanno scoperte come un neonato che passa la mano incredulo davanti ai suoi occhi e poi la porta alla bocca, i secondi hanno scagliato anatemi con l’indice, fatto scongiuri, alzato la punta del dito medio almeno una volta al giorno. Hanno scelto chi tenere contandolo sulla punta delle dita di una mano, hanno indicato la direzione a tutti gli altri, hanno accarezzato e conservato la memoria tattile di quello che hanno sentito.
È a punta come un diamante. I primi venti hanno provato a tagliarci i vetri, lo facevano le sorelle Occhi di Gatto per raggiungere le opere d’arte che dovevano rubare. Qualche frammento ha tagliato, qualche coccio ha fatto rumore. I secondi non tagliano, non rubano. I secondi sono la punta di diamante.
È a punta. Come la sfera della biro. I secondi venti hanno il callo sul dito medio della mano destra, lascito dei primi che hanno impugnato ogni penna come se fosse un fucile. E non è bastato. I secondi sono ancora armati di tutto punto anche se adesso sembra tutto inutile. I primi venti scrivevano perché le parole scritte non balbettavano come le parole pronunciate. Scrivevano per essere letti, per vivere. I secondi venti scrivono per non dimenticare. Scrivono per non essere dimenticati. Perché sono vivi. Ma non basta.

Adesso arriva questo 1 e nessuno sa chi sia, tocca stringersi un po’ e trovargli un posto, scambiarci qualche parola, qualche convenevole, per quello sono più bravi i primi venti, più freschi di un’ educazione impartita severamente, i secondi sono diventati meno diplomatici, tra gli ultimi poi c’è proprio chi non ti rivolge la parola se non gli va. Tanto dura poco, il tempo di farlo sedere e si trasforma in un 2, che alla fine è un 1 che si mette comodo.
Speriamo porti almeno da bere.

IMG_20190907_134359869_HDR.jpg

4 pensieri su “41

  1. Ricordo bene quando sono inciampato nei miei quarant’anni. Stavo viaggiando bello spedito e mi sono ritrovato per terra.
    Non è stato un caso: lo hanno fatto apposta, con uno sgambetto. Allora mi sono rialzato di scatto, e li ho fronteggiati.
    Quell’1, in piedi, sono io che li minaccio e li guardo di brutto.

    Piace a 1 persona

  2. una volta scrissi un post “il fascino delle 40enni” che riscosse un lusinghiero successo tra i lettori di Splinder….purtroppo è andato perso nel web con la chiusura di Splider.
    Goditi i tuoi prossimi 41….il tempo passa velocemente come lo scorrere di un ruscello.
    Auguri di ogni bene!

    Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...