Il giorno dopo

E il giorno dopo i marciapiedi saranno ancora quelli, lo sai? Ci hai mai pensato ai marciapiedi su cui cammini, sempre gli stessi nei tragitti quotidiani, il peso del corpo tutto in quei passi, alcuni giorni rapidi, altri giorni più lenti, i miei a volte gommati come la suola degli anfibi o squillanti sotto la punta dei tacchi. Anche il parcheggio, il posto che cerchi sempre, cerchiamo quasi tutti sempre lo stesso posto, dallo stesso lato della strada senza rendercene conto, anche il parcheggio sarà ancora quello e farà strano vederlo occupato da un’altra auto, ci hai mai pensato che quasi tutti occupiamo posti che non sono nostri?

Le fotografie nelle cornici e nella galleria del telefono diventeranno definitive, perché fino al giorno dopo, e quindi fino al giorno prima, le foto sono solo statiche, è dal giorno dopo che diventano definitive e non saranno più unità di misura del tempo, della felicità, conta delle presenze.

I messaggi e le mail assumeranno toni nuovi, profetici, in uno scambio di faccine si troverà quel che non c’era ma adesso c’è, non si cancellerà più niente, nessuna conversazione sarà considerata inutile dal giorno dopo. Nei cassetti gli appunti, i biglietti scritti a mano, non subito con intenzione, il giorno dopo è più un incidente, si inciampa nei pensieri buttati giù su post it mentre si cerca altro, qualcosa di utile a quel giorno, che è il giorno dopo. Quando inciampi, il giorno dopo, ti fai sempre male, più male di quanto avrebbe fatto fino a quel giorno.

La biancheria nei cassetti, appallottolata, il pigiama sotto il cuscino, gli abiti nel cesto della lavanderia, le calze appese sullo stendino senza molletta, vuote e sciatte. I libri sul comodino, i gioielli nel portagioie mischiati tra loro, la collana di bigiotteria con gli orecchini di rubino, la crema per le mani, mai usata, i campioncini di profumeria, mai aperti, utili da portare in viaggio, quello che poi non è stato prenotato.

Il cappotto e le borse, gli scontrini nelle tasche, il bancomat, il pin del bancomat, le credenziali di accesso, la password della casella di posta, la chiave della cassetta di sicurezza, il codice di sblocco del telefono. Il giorno dopo si cerca, si cerca altro, qualcosa di utile, un appiglio, una formula, un antidoto.

Il posto a tavola. Il portatovagliolo di quel colore. Il bagnoschiuma in doccia. I capelli incastrati nella spazzola, matassa che non si sbroglia più. Tra le setole dello spazzolino la saliva, l’ultimo bacio non sai mai che è l’ultimo. Le parole del mondo che cerca parole per dire qualcosa che non si può dire, il giorno dopo il mondo diventa un acquario di esseri che muovono la bocca senza che questo abbia senso.

La fede che non c’è. Il giorno dopo la cercherai, sai che ne vorresti un po’ per accettare e potendo la compreresti, anche solo una dose, per il conforto di un momento, per stordirti dopo tanto tempo.

Il cane sulla porta. Il giorno dopo ci sarà sempre qualcuno che dice del cane che lo sa, lo sente, ha capito, aspetterà inutilmente. La fede al dito, i genitori mutilati sotto il bombardamento, i figli sfollati in cerca di riparo, la fede al dito che ricorda chi sei, cosa è successo, che c’era un posto che chiamavi per nome. Il giorno dopo sarai il cane che aspetterà inutilmente ma tu non sai, non senti, non capisci.

E il giorno dopo il cielo non cambierà. La Terra girerà sempre allo stesso modo. La Luna sarà ancora un satellite.  La gravità ti terrà qui. Il giorno dopo non vorrai essere qui né altrove, non vorrai essere, ti baratteresti con un batterio, un essere infinitamente piccolo, non vorrai avere un corpo tutto intero con piedi caviglie polpacci ginocchia cosce anche bacino creste iliache addome visceri mani polsi braccia gomiti spalle costole clavicole collo cranio quanto pesa tutto questo? Perché bisogna portarselo appresso? I polmoni ancora si gonfiano, il cuore batte maleducato, le vescica si riempie e bisogna svuotarla, lo stomaco si lamenta perché te ne sei dimenticato.

Il lavoro fermo sulla scrivania, l’incredulità della gente, le lancette dell’orologio, gli effetti personali della sola persona al mondo capace di stupirti con effetti speciali, i giorni quelli normali, la vita tutta qui, le casse dell’acqua da portare su, la pattumiera da portare giù, la luce in corridoio, il volume del televisore, il pane a centrotavola, la porzione più piccola, quella che resta dopo aver servito tutti, va bene così davvero.

E il giorno dopo le finestre si apriranno ancora verso l’esterno, il maniglione antipanico sarà a spinta e gli ascensori avranno la targhetta della portata massima. Ci hai mai pensato che servirebbe anche a noi? Al centro del petto, con il numero per la manutenzione, per l’allarme in caso di blocco:

“Si pronto buongiorno, mi sono bloccato, si ho trasportato più di quel che potevo, è vero. Lo so, chiedo scusa, pensavo che non succedesse nulla invece è successo, potete mandare un operatore a sbloccarmi? La capienza quella no, è rispettata, sono solo, sono rimasto solo io a occupare tutti i posti, anche quello che non è mio.”