Ho urtato qualcosa, forse il muro, entrando in garage. Sbam. No, niente botta, mi sono solo appoggiata, è come se avessi strisciato un po’. C’è stato un momento di silenzio, le ragazze, loro sono state zitte all’improvviso, si sono guardate e hanno aspettato la mia reazione. Anch’io avrei aspettato in silenzio la mia reazione. Mi sono stupita, ho spento la musica, rimesso la macchina dritta e sono entrata correttamente, ho detto solo due volte porcaputtana e poi ho chiesto a Cri di scendere e vedere il danno.

Quasi niente, mamma.

Insomma.

La striscia si vede. Non ho la più pallida idea di cosa ho toccato, compio quella manovra almeno due volte al giorno, entro in retromarcia non sempre senza imprecazioni però insomma mi stavo difendendo bene da quando ci siamo trasferiti. Fino a ieri, ieri ho urtato qualcosa che non so e potevo reagire molto peggio invece no, ho mandato un messaggio a Lui e gli ho scritto cosa avevo fatto.

Vabbuò. Mi ha risposto così.

A me delle auto importa poco, marca o modello, non ne ho cura, non la lavo mai. Ogni tanto prendo un sacchetto e butto tutto quel che trovo ma devo essere al culmine dello schifo di me stessa, altrimenti no. Però ho la copertina per il cane, così lui sta al caldo e non lascia peli sul sedile, dovesse mai salire qualcuno davanti. Se capita tolgo la copertina agitandola nell’abitacolo e tutti i peli volano ovunque. In genere ricascano sul mio cappotto. O sulla sciarpa se ne indosso una.

Però danneggiarla mi dispiace e infatti ero molto dispiaciuta, le ragazze hanno capito e mi hanno lasciato un po’ tranquilla e quando ho portato Cri a Karate ho controllato di nuovo se il danno fosse ancora lì, non so perché ma ho immaginato che potesse guarire da sola, un’ora in garage e della strisciata nemmeno più il segno.

Andando ad allenamento io e Cristina abbiamo chiacchierato del Liceo. Si, l’ho iscritta al Liceo. Cioè, ho mandato la richiesta tramite il sito del Ministero, ho compilato la domanda e indicato la composizione del nucleo famigliare specificando i gradi di parentela con suo padre- genitore- e con Benedetta- sorella- e ho indicato un istituto primario e uno secondario e se non dovesse venir accettata la domanda nel primo il secondario potrebbe metterla in coda, mi sono immaginata la seconda scuola un po’ stizzita che dice questa la mettiamo in fondo a tutti, se proprio avanza un posto glielo diamo, tanto siamo la seconda scelta. Io farei così.

“Gentile Utente la domanda di iscrizione al primo anno della Scuola secondaria di II grado è stata inoltrata”. Sbam. Si, è stata una botta. Da qualche parte nei cassetti c’è un certificato non ancora ingiallito che recita più o meno così: in data 14/07/2007 alle ore 16.12 la Signora Sonia Maria Laezza di anni 28 ha dato alla luce un neonato di sesso femminile…

Sbam.

Mentre tornavo dopo averla lasciata in palestra mi sono spostata nella corsia centrale, in tangenziale, per togliermi i camion. La corsia del sorpasso non la uso, mi va benissimo quella centrale. Ho preso la patente subito, ho compiuto 18 anni a settembre e a gennaio guidavo. La sera dell’esame di pratica con la mia patente cartacea appena rilasciata mi sono fatta prestare la macchina dai miei genitori e sono andata a prendere Sara, nella via dietro casa mia di allora. Io e lei siamo cresciute insieme, abbiamo un anno di differenza ovviamente a mio discapito, le nostre madri erano amiche prima di noi, i suoi genitori sono i miei zii preferiti. Solo anni dopo quella sera nella quale volevo portarla a fare un giro ho saputo che suo padre ci spiava dalla finestra del salotto con la tenda appena scostata e diceva alla moglie “tutto bene, non sono ancora partite” e così per dieci minuti almeno dopo averci salutato sulla porta, felici e sorridenti. Hanno riso di ogni mio tentativo di mettere in moto ma sono stati bravissimi. Mio padre sarebbe uscito a farla partire al posto mio poi l’avrebbe lasciata in folle dicendomi dai, vediamo un po’.

Guido, sarebbe impensabile non farlo. Ma non mi piace. Non mi rilassa, non mi diverte, non mi interessa. Ero una di quelle ragazze che faceva guidare lui, chiunque fosse, poi è anche capitato di andare a prendere degli uomini, di portarli a cena, una volta anche di pagare. Un’altra volta ho capito che avrei dovuto provarci io alla fine della serata e quello no, non ce l’ho fatta, l’ho riaccompagnato e sono andata via, promettendo che ci saremmo sentiti presto e poi ho salvato il nome come MauroNonRispondereMai.  Ero una di quelle ragazze che però non si faceva venire a prendere a casa, raggiungevo io da qualche parte, poi andava bene che guidasse il lui della situazione.

Non ci trovo niente di strano. Nemmeno nelle donne che fanno il contrario o in quelle che non guidano. Penso che ognuno possa fare anche un po’ come cazzo gli pare. Ecco, a me ormai sfinisce l’accanimento di chi fa come vuole ma vorrebbe che anche tu facessi come vuole. Non sopporto più l’atteggiamento di chi pensa di aver capito il modo migliore di essere o vivere e ne diventa fanatico. E le femministe che tutto è no e tutto è discriminazione e tutto è divario- anzi gap- e le mamme pancine che tutto è sacrificio per il bene più grande la salute dei figli e va bene anche un lavoro di merda tanto la ricompensa più grande sarà poi, nel regno dei cieli della mammitudine beata, e le stronze con il cimurro pronte a portarti via clienti a suon di preventivi al ribasso e le succubi che tanto decide lui.

La prima sera che sono uscita con Lui gli ho chiesto se preferisse andare con la mia auto, una Panda 1000 rosso fuoco con l’autoradio che faceva interferenza con il cellulare. Non mi ha nemmeno risposto, mi ha solo guardata e ha aperto la portiera, la sua. Poi mi ha detto che l’antenna era congelata, non ho mai capito perché la cosa avrebbe dovuto interessarmi.

Ci penso ogni tanto. Ieri sera mentre tornavo a casa ci pensavo. Ero triste per il danno e quando sono triste mi parte così, che la tristezza si allarga a macchia d’olio e allora ricordo episodi che non vorrei e per tirarmene fuori richiamo alla mente ricordi belli. A volte Lui è il protagonista di entrambi. E poi mi concentro sulla respirazione, sento l’aria, la visualizzo nell’addome prima di sentire la pancia che si sgonfia. Anche ieri sera, nonostante la cintura e il giaccone. Bei ricordi e respirazione. Contro la tristezza che mi coglie dopo avermi coltivata, contro quei pensieri che si affacciano come sul cratere di un vulcano per vedere se c’è attività, contro la paura che il camion davanti freni all’improvviso o quello dietro non rispetti la distanza di sicurezza da me, da me devi stare lontano.

Ho visto le auto davanti a me agitarsi. E delle piume, quelle dei cuscini, svolazzare in tangenziale e un attimo dopo qualcosa venirmi contro e infilarsi risucchiato sotto la mia auto, ho sentito il rumore di un corpo colpito, ho guardato nello specchietto retrovisore, le auto dietro di me si agitavano.

Forse era un pollo. O un tacchino. Era bianco e con le piume ma aveva qualcosa di glabro, non so cosa. Mi è arrivato addosso, si è infilato sotto, non ho potuto evitarlo e non ho capito cosa fosse, però c’erano le piume. Sbam. E mi tremavano le gambe, volevo fermarmi ma non potevo e allora ho fatto quello che faccio ogni volta che voglio fermarmi e non posso. Sono andata avanti. Per un attimo ho pensato sicuro hai preso sotto il tuo Angelo custode. Perché sicuro il tuo Angelo custode ha le sembianze di un pollo. Ho riso. Poi ho pianto. Stanchezza e spavento, binomio che mi frega sempre, nonostante l’esperienza. Potevi morire? Non lo so. Forse. Non credo. Che morte stupida per un pollo in tangenziale. Non è detto che fosse un pollo. Sembrava un pollo. Piangevo perché l’ultima cosa che Cri mi ha detto è stato Ciao Mami. Ciao amore mio, divertiti, le ho detto io. E mi sembrava una cosa così poco definitiva da dire come ultima cosa e poi a ripensarci invece no. E a Pepe, a Pepe prima di uscire da casa avevo detto di spegnere le candele e fare attenzione. Ci si può tirare fuori un insegnamento definitivo per la vita da una cosa così? A mio padre ho parlato del muratore e del cartongesso. 42 anni insieme su questo pianeta e l’ultima parola che gli rivolgo è cartongesso. A mia nipote l’ultima cosa che ho detto è che il prosciutto lo fanno con il culo del maiale, da quel giorno ripete in loop questa cosa. Però forse è abbastanza definitiva come rivelazione. A Sara ho chiesto se era stata bene, perché altro non mi interessa in fondo, solo che stia bene. A Mara ho detto che avevo ragione io, lei non ci ha preso e io si questa volta. Alla commercialista che la scheda di un cliente doveva essere portata a zero nel 2020. A mio fratello che stavo guardando Lady Oscar e lui mi ha detto qualcosa sull’orientamento sessuale di Madamigella Oscar. A mio nipote che zia è una parola facile e lui ha detto un’altra cosa in inglese, forse scarpe. A Lui ho detto molte cose ieri, quali, mi sforzavo di ricordare, quali, qual è l’ultima, gli hai detto plusvalenza, si, quella si, ma non può essere l’ultima cosa che ricorderà di averti sentito dire, gli avrai detto anche solo una parolaccia, cosa gli hai detto, sforzati, l’auto, il danno e lui ti ha detto vabbuò. Un bacio, a dopo. Quello sì, lo dici sempre. Il latte, che lo hai comprato anche tu. La capienza, non era sufficiente per la compensazione e che arrivi dopo in ufficio domani, no, non dopo hai detto tardi. Tu non puoi arrivare tardi e nemmeno presto perché quando arrivi arrivi, nessuno ti aspetta. Però dici così, arrivo tardi. L’ultima cosa che gli hai detto prima di morire per colpa di un pollo in tangenziale. Cos’è? È abbastanza definitiva? Cosa gli hai detto? Quello. Che arrivi tardi. Arrivo tardi in ufficio, domani. Che ci fa Lui con questa frase? Non gli serve a niente.

Ho preso la mia uscita, messo la freccia prima della rotatoria, svoltato al semaforo verde, messo la freccia per entrare nel cancello di casa, tirato su con il naso e aperto il basculante del garage, ho fatto manovra in retromarcia, sono scesa e ho controllato se avevo ancora spazio, si, sono risalita e andata ancora un po’ indietro, abbassato il basculante, guardato l’auto, spento la luce e sono salita.

Pepe aveva spento le candele e apparecchiato senza che glielo dicessi.

Lui scaldava la cena.

Forse mi è venuto addosso un pollo. O forse un tacchino. Non ho capito, ma ho sentito sbam.

È la prima cosa che gli ho detto.

Mano, foto, disegno e mamma di Cristina.

2 pensieri su “Ultime cose

  1. È sempre molto bello leggere queste tue storie di tutti i giorni, che si intrecciano con ricordi di un passato recente. Mi piace anche la capacità di scrivere “tanto” che hai, voglio dire non ti limiti alla paginetta A4 ma vai avanti fino ad aver detto tutto quello che avevi da dire. Non stancarti… buon anno.

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