Facciamo pace Corso Vittorio dal lato del Tribunale, non è stata colpa tua e nemmeno colpa mia, è stata la vita che non mi voleva così, con quell’aria triste e arrogante che non so se c’è un nome per definirla ma se fosse un colore sarebbe il greige.
Facciamo pace vetrina del mio ex cliente in Corso Svizzera, non è stata colpa tua e nemmeno colpa mia, è vero, avevo camminato troppo quel giorno e mi ero stancata, il tuo titolare mi aveva fatto innervosire ma lui non sapeva, nessuno ancora sapeva, e poi certe cose succedono perché non possono far altro che succedere e alla fine è andata bene, mia figlia è nata lo stesso e il tuo titolare è ormai un bolso venditore di case brutte.
Facciamo pace piazza Cavour, cosa ne puoi tu e cosa ne posso io se ci siamo dimenticati, io non ho richiamato e lui neppure, dopo venticinque anni ho pranzato allo stesso tavolo e solo allora ci ho pensato di nuovo e mi sono ricordata.
Facciamo pace signora dell’appartamento sopra il mio ufficio, sì, sì, sono io che chiudo il portone che lasci accostato quando esci con i due cani claudicanti per fare un malfermo giro dell’isolato. Se tu la smetti di fumare nell’androne e di mettere tutta la pubblicità nella mia cassetta delle lettere possiamo trovare un accordo.
Facciamo pace Via Cavalli lato del Tribunale poco prima dei giardini, non è stata colpa tua e nemmeno colpa mia, è stato il desiderio di proteggerle dagli sguardi rapaci se durante quella telefonata gli ho sibilato che sarebbero venute a quel funerale solo se ne avessero avuto voglia perché non erano lì per essere mostrate ai mostri.
Facciamo pace Bambina mia grande, non è colpa tua e nemmeno colpa mia se in Latino il paradigma si trova cercando la prima persona singolare, son cose che succedono perché non possono far altro che succedere e allora mettiti lì con tanta pazienza e parti sempre dalla prima singolare, non cercare l’infinito, che inganna.
Facciamo pace Tribunale, cosa ne potevi tu e cosa ne potevo io se prima di te avevo sbagliato corridoio anche all’Università. Facciamo pace Palazzo Nuovo, forse nemmeno esisti più, forse non sei più la sede delle Facoltà umanistiche, non so più niente di te e tu non sai più niente di me, facciamo pace adesso, che è stata tutta colpa mia se ho tirato dritto per anni e anni fino alla porta di Giurisprudenza senza il coraggio di svoltare prima, sulla destra, e cambiare quel che si poteva cambiare finché si poteva cambiare.
Facciamo pace Amore Mio, è colpa tua ed è colpa mia se non ti chiamo mai Amore Mio, se rido di tutti, anche di te e specialmente di me, facciamo pace per le mattine strappate alle notti, per le comunicazioni di servizio, per gli orari di ritiro e di consegna, per tutte le parole che non ci diciamo risparmiandole per tempi meno affollati.
Facciamo pace mamma rappresentante di classe, è vero non ho votato ma non è stata colpa tua e nemmeno colpa mia o forse solo un po’ ma io non mi sento rappresentata nemmeno da me stessa in certi momenti.
Facciamo pace specchio, una volta per tutte, non ti frantumo perché poi sarebbe colpa mia, non restituirmi una me frantumata, ricomponimi, siamo ormai adulti, è colpa tua ed è colpa mia. Sii generoso con me, concedimi le attenuanti, sgonfia la pancia, assottiglia le righe sparse sul viso come scarabocchi sbadati mentre telefoni, ci son cose che succedono perché non possono far altro che succedere, rivendimi la mia immagine come un successo e la comprerò, sorridimi per una volta e ti sorriderò.
Facciamo pace Amico Mio che mi inviti a pranzo per prendere aria tra due tempi e scegli un tavolo all’aperto sotto gli alberi e non guardi mai il telefono e non parli mai del passato ma solo del futuro, facciamo pace con questi trent’anni che ci hanno portati a ordinare il dolce senza scambiarci un assaggio, facciamo pace con le categorie che usi per vivisezionare il mondo, è colpa tua che hai bambini ancora piccoli, facciamo pace con la libertà che uso per guardare il mondo, è colpa mia che non ho più bambini ancora piccoli. Facciamo pace con gli amori finiti e con i genitori che ancora non capiscono, Amico Mio, mi sembravi tuo padre quando l’ho conosciuto trent’anni fa, chissà io chi ti ho ricordato.
Facciamo pace subdola spia luminosa che ti sei accesa in auto e non ti spegni. Quel che si accende prima o poi si spegne, pensavo, invece tu resti accesa, arancione e misteriosa, un punto interrogativo racchiuso tra una parentesi tonda, sono d’accordo anch’io, l’enfasi e la meraviglia le preferisco sussurrate. Facciamo pace prima che il gommista mi faccia un cazziatone.
Facciamo pace Bambina mia piccola, cosa ne puoi tu e cosa ne posso io se ci annusiamo come bestie e ci mordiamo per poi consolarci l’un l’altra giurandoci amore eterno, facciamo pace con la forma solida delle parole che usiamo, facciamo pace con le gare e con le classifiche, chi viene prima di chi, chi butteresti giù dalla torre, chi salveresti, chi sceglieresti, per chi tifi, chi vincerà al tie break.
Facciamo pace quinto piano dal lato della cucina e dello studio, facciamo pace quinto piano dal lato della sala e della camera da letto, non è colpa tua se ogni volta che passo da lì alzo lo sguardo come se potessi vederli affacciati sapendo che non ci saranno mai più, è colpa dell’età che mi intenerisce a tratti, ho sprazzi di commozione come assenze di lucidità.
Facciamo pace memoria, è colpa tua se sei piena, è colpa mia che non ti ho mai alleggerita. Facciamo pace paura, ci son cose che vanno dimenticate perché non possono far altro che essere dimenticate. Facciamo pace genetica, se vincerai tu non lo saprò.
Facciamo pace, Sonia. Io e te, che non è colpa tua e nemmeno colpa mia.

Per deformazione penso a tutti quelli con cui non vuoi fare pace.
Non si può, in effetti, fare pace con tutti. E ti suggerirei: no, con quelli non farla.
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