C’è la mamma del compagno di Cri, suo figlio ha la faccia di un porcellino e lei anche. Si somigliano. Lei lo giustifica sempre, lui è insopportabile. Lei gli fornisce continuamente degli alibi, lui si sente intoccabile. Lei lo trova bellissimo. Lui non lo è, per niente.  Ma si somigliano. Mio nonno diceva “chi si somiglia si piglia”, chissà se vale anche tra genitori e figli, perché che un figlio ti somigli è probabile e allora mi chiedo, così, per perdere tempo, se questo detto è applicabile anche a una relazione così stretta con uno che, in fondo, non hai scelto  e che , capita, ti assomiglia. E quindi, se per caso assomiglia a tua suocera, che fai? Non ti pigli? Non lo so. Mio nonno diceva così, diceva un sacco di altre cose, non so mica con i figli come funziona.

Però, questi due si somigliano e si pigliano. Mamma Pig e il suo porcellino, solo meno simpatici. Io la ringrazio. Perché la guardo, la ascolto, la osservo, la studio e capisco da dove arrivano certi esemplari che da adulti non si spiegano come mai non gli dai sempre ragione. Ogni volta che capisco qualcosa sono grata.

C’è quella mamma che sembra un giunco. È rimasta sola con i suoi figli. Lui è andato altrove all’improvviso, non ha litigato, sbattuto a porta, preso i vestiti dall’armadio, chiamato un avvocato, raccontato a parenti e amici la sua versione della disfatta. No, niente di tutto questo che è ancora vita, urla, pianti, facce da prendere a schiaffi, è vita viva. No. In questo caso le camicie sono in fila nell’armadio, una dopo l’altra, inamidate e con le iniziali ricamante. L’orologio è sul comodino, solo che è fermo. Non c’è più il polso che gli dà la carica con il movimento. Fermo. Come il suo respiro quando le hanno detto cosa era successo. Lei, che è un giunco, si è intrecciata intorno ai bambini in una trama indistricabile e capita di vederli insieme e adesso capita di vederli sorridere insieme. Questa mamma non riesco a guardarla a lungo. Come con il sole. Qualcosa del genere. Devo togliere lo sguardo, rivolgerlo da un’altra parte. Non per pena, non fa pena, è una donna bellissima e sorridente, non cerca compassione, non si tira indietro davanti alla possibilità di una risata. Non riesco a guardarla per paura che capiti a me. Ma la ringrazio, perché guardandola ho capito che la vita è sempre più forte. Ogni volta che capisco qualcosa sono grata.

C’è mia mamma.  Che non mi ha mai dato ragione, nemmeno quando ce l’avevo. Che mi ha avuta a ventidue anni e anche se mi dicono tutti che negli anni settanta era diverso io penso che vent’anni sono sempre vent’anni,anche nel 1978. Mia madre è sempre stata tanto figlia e quando l’ho capito non ho ringraziato perché mi sono arrabbiata. Solo che devo averlo capito molto presto e devo essermi portata dentro questa rabbia molto a lungo. Ha cercato per tutta la vita il consenso di suo padre, ha cercato di emularlo, forse di conquistarlo, non so. Ma di sicuro è stata tanto girata indietro, con la faccia rivolta verso i suoi genitori, a fare la figlia e la mamma contemporaneamente.  C’è mia mamma, che è stata una maestra elementare per più di quarant’anni e non smetteva nemmeno in casa di correggere e riprendere. C’è mia mamma e, no,  non ci somigliamo, allora non so se è per quello che non ci pigliamo mai fino in fondo a volte nemmeno di poco. C’è mia mamma e c’è sua mamma in un letto da anni in balia di quella malattia che mi fa rabbrividire ogni volta che, come ieri  giro a vuoto prima di ricordare dove ho parcheggiato,non lo racconto a nessuno, poi lo scrivo qui perché qui non vale e penso che forse colpirà anche me e mi dimenticherò anche di me. C’è mia madre che,oggi, è una nonna amata, è una nonna compresa. C’è una nonna che sta smettendo di essere figlia, è una quasi orfana. Anche questo non so se può dire. O si è orfani o non si è orfani. Invece non è sempre così chiaro. Invece esiste il limbo in cui ti muovi sul filo di una perifrastica attiva e stai smettendo di essere o fare e stai per per diventare altro. Anche solo te stesso, finalmente. Tanto, girala come vuoi, la vita ti porta da te. Al centro del nucleo e lo fa quando inizia a togliere invece di dare, perché noi siamo quello che siamo per sottrazione. C’è mia mamma, una sessantenne maestra nonna quasi orfana che con me non si piglia. C’è mia mamma e ci sono io, che non ho la faccia girata indietro, e per questo la ringrazio.

C’è la mamma di un figlio maschio adulto. È una mamma che non mi piace. Pensa di essere la sola e unica depositaria dell’amore giusto, del metodo educativo corretto, della cura e della dedizione. C’è una mamma che non tollera le altre madri perché tutte sono sempre meno madri di lei. C’è una mamma che vuole fare la mamma anche dei nipoti, per sentirsi insostituibile e indispensabile, per insegnare sempre agli altri come fare, perché non si fida nemmeno dei figli che ha educato lei… C’è una mamma che  è solo un coccodrillo che fagocita i suoi piccoli per inglobarli,tenerli con sé e non perdere mai il loro controllo. A me quelle lacrime non hanno mai convinta. E non la ringrazio. Nemmeno per quell’uomo adulto che ha messo al mondo, perché dentro un adulto che non è capace di dire cosa pensa, dentro un adulto che crede che la resa sia la migliore difesa, dentro un adulto che non contraddice mai, ecco lì dentro c’è un bambino a cui nessuno ha mai dato voce, c’è un bambino a cui hanno insegnato cosa pensare e non a pensare. E dietro quel bambino c’è una mamma coccodrillo e la sua smania di essere insostituibile. Quindi, no. Non la ringrazio. perché un adulto così fa il triplo della fatica a sentire che può sentire, a pensare che è libero di parlare, che può fare il bene o il male, purché sia una sua scelta. E chi vive accanto a lui non ha sempre voglia di capire.

Ci sono io. Una mamma, la mamma, che mamma, mamma mia…

E i miei libri, i miei appunti, le giornate infinite,le mie teorie, la mia infelicità e la mia felicità mischiate e centrifugate, la mia ansia di fare bene, la mia voglia di non fare. E i miei silenzi. E le mie urla.

Ci sono io. E ci sono loro, le mie figlie e le ringrazio, perché loro crescono e io mi scopro, mi conosco, esco fuori. Ogni anno in più per loro è un pezzo in meno per me, una sottrazione che mi lascia essenziale, mi lascia essere ciò che sono. Non so se è vero che chi si somiglia si piglia, perché Pepe mi somiglia ma ci scontriamo come due animali e allo stesso modo ci lecchiamo subito dopo, ci respingiamo e ci coccoliamo. Perché Cri assomiglia a suo padre (ma è molto più bella con buona pace dei coccodrilli) eppure io e lei ci pigliamo, abbiamo quella roba di sguardi che sappiamo solo noi e boh, tutto è detto e fatto, che poi è la stessa storia con suo padre, anche io e lui abbiamo quegli sguardi e forse ci somigliamo più di quanto pensiamo, allora.

Ci sono le mamme. Le mamme sono. Sono persone che diventano madri e in quest’esperienza sconvolgente mettono la sola cosa che possono: loro stesse. Che siano figlie, coccodrilli, maiali o mezze matte come me. E comunque i coccodrilli mi fanno schifo.

 

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