Non ti è piaciuto il riferimento a Orfeo perché “non ha un lieto fine la storia” mi hai detto. Anzi, mi hai scritto, io ero al mare con le ragazze e tu a casa, in ufficio, al lavoro. Insomma lontano da me, dove sono io adesso, lontana da te che sei al mare con le ragazze, arrivato per darmi il cambio come due giocatori che si battono il cinque durante una partita, dentro uno, fuori l’altro, conta solo il risultato.

Non ha un lieto fine la storia, vero. Perché è una storia che finisce e non un amore che finisce,che sarebbe meglio. Perché lei muore per essere fedele, lui si dispera e sfida qualunque logica, qualunque limite umano e persino gli dei per riaverla con sé perché quell’amore che sopravvive alla storia lo distrugge. Lei non c’è più e lui la rivuole. Canta, questo sa fare, canta il suo amore e ottiene di riaverla, nessun canto aveva mai potuto tanto, il suo si, il canto dedicato a quell’amore così vivo riesce a fare quello che nessuno, niente, è mai riuscito. Può riaverla e va a prendersela. Ha sfidato, ha vinto. C’è solo una condizione: non deve voltarsi finché non saranno, entrambi, completamente fuori dalle tenebre. Va bene, si può fare. Anzi no, non si può. Desiderio, tracotanza, stupidità, fallibilità, destino, necessità. Quel che è. Ma lui si gira prima, presto, troppo presto, mancava poco ma no, niente, non  potrà riaverla perché non è stato in grado di riaverla, perché si è girato e ha deciso, così, di amarla per sempre, di cantarla, di perderla  perché, dai, nessuno torna dal regno dei morti, lei non sarebbe stata più lei, e lui cosa non doveva vedere, perché quel divieto di voltarsi, chi era, adesso, la sua Euridice?  E lui, lui chi era adesso? Senza di lei? Con lei?  Lei la sola capace di fargli toccare tutti i suoi limiti per superarli, lei la sola per la quale affrontare la vita e la morte, gli inferi e la propria paura, lei che lo aveva portato ad essere il meglio di se stesso, a creare qualcosa che non si era mai sentito. Per lei aveva affrontato tutto, per lei perdeva di nuovo tutto. Dai, nessuno vince con gli dei.

Non ha un lieto fine la storia, vero.

Quale storia ce l’ha?

Tu conosci storie che hanno un finale felice? Io no. Io conosco amori che finiscono. Male, molti. Bene, alcuni. Con il tempo anche il male diventa bene, però. Gli amori che finiscono si spengono, si consumano, si sfilacciano e più o meno lentamente  si rimpiccioliscono, affievoliti, sgonfi, incerti, fino al punto che diventano piccoli, invisibili, lontani e sai che ci sono stati e sai che non ci sono più. Gli amori che finiscono, alla fine, finiscono bene. Perché, intanto, si è entrambi vivi e già è molto. Perché gli amori che finiscono vanno a stare in angoli disadorni della mente e lasciano il segno, dopo un po’ come i quadri sulle pareti. Gli amori che finiscono ci consegnano le chiavi di casa, ci sbattono fuori di casa, si riprendono i regali, si dividono le foto e si addossano le colpe. Gli amori che finiscono danno fastidio, come il  rumore della masticazione all’improvviso, insopportabile, come un tubetto del dentifricio lasciato aperto, sempre, sempre, sul lavandino e poi si secca e non esce più. Gli amori che finiscono assomigliano a quelle espressioni di tua madre, della mia, di una madre, che non si riesce più a sopportare. Gli amori che finiscono si spiegano agli amici e fanno pulizia, chi sta con chi, schieramenti e coalizioni. Gli amori che finiscono a volte li cerchiamo per conferma, incertezza, debolezza, riconoscenza, paura, perché si sa già come si fa, tutto, e dopo si piange perché gli amori che finiscono non sono più amore.

I miei amori finiti sono, alla fine, finiti bene. Si. Anche i tuoi, penso. Ammesso che tu abbia amato prima di me… so che stai pensando alla risposta e si, puoi dirmi che hai amato. Ma meno. Meno bene. Meno amore, meno di tutto, prima di me.

Le storie, invece, quelle no, quelle sono un’altra cosa. Un’altra storia. Io di storie che finiscono bene non ne conosco.  Perché il lieto fine sta nel fatto che non finiscono ma, non possiamo sfidare gli dei, tutte le storie finiscono perché sono esperienze umane. Iniziano, vivono, muoiono. Ecco, le storie muoiono. E resta sempre un superstite. Un sopravvissuto. Uno che vaga a cantare di un amore vivo e di una storia morta che è stata viva, che è stata una storia di ogni giorno per tutti i giorni, la storia di una vita come i miei nonni, sai. Se devo immaginare LA  storia d’amore, ecco è quella. La favola, l’amore, i figli e i nipoti, nessuno che valga quanto il bacio sulla porta tutti i giorni, la mattina e la sera con la cadenza della posologia di un farmaco e con la stessa dedizione come se fosse la cura e verrebbe da dire si, lo è, lo è stata, invece no. Invece senti quanta sofferenza , senti quanto dolore, senti quanto poco è lieto il finale di lei che un giorno lo guarda e gli dice “signore, deve andare via da casa mia prima che arrivi mio marito, che è molto geloso”.  E lui non va via. Cerca di tenerla stretta. La cura, la accudisce, la ama. E lei si dimentica di lui. E lui ricorda per due, ogni giorno, debole, malandato, chissà per quanto potrà provare a trattenerla, a non lasciarla scivolare ma lei è già andata e si è già perduta nella nebbia e non sa più di averlo amato più di se stessa, penso, credo, l’ho visto che l’ha amato così, sempre, e quell’amore non finisce, lui lo porta avanti, è la storia che finisce e non è lieto, il finale. E quell’amore è ancora in giro, sai, è come se ci galleggiasse sulla testa invece la storia è spezzata, morta con lui e perduta con lei che non sa di essere stata Euridice, in grado di portare Orfeo a fare l’impossibile.

E io non penso che il nostro amore finirà bene. Penso che la nostra storia non avrà un lieto fine. Anche se non posso averne la certezza, mica sfido gli dei o il fato. No, nessuna certezza.  Ma se ti chiamo Orfeo è perché penso che tu per me saresti disposto a superare i tuoi limiti. Che tu verresti a riprendermi anche giù negli inferi, che faresti di tutto per rivedermi una sola, ultima volta. E si, penso che ti gireresti, un attimo prima. Per perdermi. Per lasciarmi andare. Per non accanirti. Per avermi per sempre. Perché sai che ti resterei fedele, ovunque. Perché è il solo modo di non dimenticarsi.

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