Nove anni o novanta o nove minuti o nove mesi.
La verità è che se non fossi arrivata tu, Pepe, io non avrei mai saputo quanto le cose possano essere complicate e difficili eppure naturali e non avrei mai saputo che si va avanti e si torna indietro e che quando torni indietro magari lo fai per cercare quello che avevi perso oppure per prendere la rincorsa e provare a saltare più lontano.
E non avrei saputo che ci si può dare i baci alla crema che sono quelli che si infilano nelle pieghe di ciccia e fanno la pernacchia e sono dolci e zuccherini ma non fanno mai male.
Senza di te non avrei sofferto la mancanza di sonno scoprendo i miei limiti fisici e superandoli. Non mi sarei sorpresa di me, non avrei cercato risposte a domande vecchie, non mi sarei sdraiata su un lettino fissando un quadro davanti a me per raccontare che non sapevo niente e che assistevo al crollo di tutto, tutto quello che credevo di sapere e non era vero più niente.
Senza di te non avrei capito che tutto si aggiusta e quello che non si aggiusta si butta e va bene così, che non importa che il pediatra dice che devi passare alla cena solida da quella settimana precisa se tu non vuoi passarci, si può fare poi, dopo, un’altra settimana e vai di latte e plasmon agitati dentro che mica tutti possiamo essere messi in una tabella o in una scala percentuale, in un grafico per lasciare a un altro la possibilità di barrare la casella e dire che tutto va secondo i piani.
Se non fossi arrivata tu avrei continuato a capire solo le cose comprensibili e i messaggi forti e chiari senza mai guardare tra le righe e senza imparare a leggere con le dita lungo il viso bagnato di lacrime, come il braile, e poco importa stare a specificare qui se le lacrime erano le mie o le tue, che differenza fa?
Noi ci facciamo piangere e ci asciughiamo le lacrime a vicenda, tanto, e questo non è sempre chiaro agli altri che ci vedono darci contro e abbracciarci nello spazio di minuti, manciate di secondi a fare fiamme e a spegnerle, giurandoci amore eterno dopo esserci liquidate con gesti stizziti delle mani a dire via, vai via, che mi togli l’aria e invece no, Pepe, non me la togli l’aria tu me l’hai restituita l’aria, mi hai presa per mano poco più che trentenne e mi hai accompagnata nel decennio che ignoravo perché nel mio pensare di sapere tutto, o molto, io non sono mai andata oltre i trenta anni nei miei progetti, nelle mie fantasie, nella mia immaginazione e senza di te questo decennio sarebbe arrivato lo stesso ma no, non sarebbe stato lo stesso. Senza di te non avrei pensato di mollare tutto, andarmene, restare, resistere, urlare e difendere me, le mie idee, le tue fragilità e tutte le tue rigidità e le mie.
La verità è che senza di te non avrei mai imparato a colorare fuori dai bordi, a camminare sul un muretto imitando un funambolo, non avrei imparato cosa significa mastocitosi cutanea paucilesionale espressa al tronco che no, non è una poesia e nemmeno una formula magica ma che comunque l’abbiamo quasi superata, anche quella e non avrei cambiato idea sul mondo, sulle persone che lo abitano così vicino a noi, sui colori per dipingere la casa e sulle montature degli occhiali da vista. Non avrei mai fatto pace con i miei piedi e la forma dell’unghia del mignolo se non avessi visto che ti sei presa anche quello da me.
In questi nove anni ci siamo tenute per mano come si tengono le cose preziose, con decisione e delicatezza, ci siamo inventate parole e frasi in codice, ci siamo sopportate e malsopportate, spesso, tu hai dimostrato ogni giorno di non essere la controfigura di tua sorella e a volte hai dovuto importi per questo, per scappare al termine di confronto e hai fatto bene,Pepe e se qualcosa posso augurarti è di mantenere salda questa forza, questa lotta interiore, questo fuoco che ti brucia e ti alimenta e ti fa essere originale e sola e unica e così diversa da quelli che non sanno che l’anguria si mangia affogandoci la faccia dentro, che si ride facendo rumore e si vive ridendo, che le lacrime sono incorporate nel bagaglio a mano di ogni ragazza per bene, che ci si può dedicare a un cane, a un quadro, a una canzone, a un tocco sulla pelle di qualcuno che gli si sfiorano i pensieri a saperlo fare, che si può essere tutto questo a nove anni, novanta, nove giorni o nove mesi, che si può essere se stessi con leggerezza e si può cedere e lasciare andare la rigidità, la spigolosità, la paura, senza però abbandonare mai niente che nella vita tutto serve, che siamo noi a decidere cosa possiamo essere.
Io senza di te tutto questo non lo avrei saputo e non mi sarei conosciuta davvero e non mi sarei riconosciuta attraverso di te e non mi sarei superata grazie a te che torni indietro, prendi la rincorsa, salti, dipingi , guardi con gioia un signore che tiene ferma la porta del bar dicendoti “entra pure principessa” e dici “mamma, questo signore mi ha riconosciuta” e poi togli gli occhiali per meditare perché “quando si medita nessuno ha difetti, mamma, gli occhiali non servono”, canti, scrivi, vivi, ridi, mangi, corri, nuoti, voli , torni giù, scappi e ti nascondi e hai preso la mia vita per portarla in salvo, per metterla al riparo da strade segnate e percorsi scontati, per non farmi essere ciò che non volevo diventare.
La verità è che se non fossi arrivata tu questo decennio che non immaginavo esistesse non mi avrebbe fatta rinascere. Oggi io festeggio insieme a te ogni giorno di questi nove anni in cui ci siamo tenute per mano e ci siamo conosciute e riconosciute, scoperte e meravigliate, combattute e riappacificate, festeggio insieme a te il tempo che ci è consentito e le mani che si cercano per sfiorarci i pensieri e che riescono ad accarezzare il cuore, che è lì il posto dove vivi tu.
Anche io ti ho riconosciuta, principessa.
Buona Vita, Pepe.

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