Pensa che non me ne frega niente del tempo, dei lampi, dei semafori ,delle parole alla rinfusa, dello sparo e del rinculo del senso di colpa tra le pieghe di un maglione e dei pelucchi  che togli con la punta delle dita mentre parli distratto, del rossetto sbavato se la mano trema e del cuore che si ferma  per un giro e poi riparte.

Pensa che non me ne frega niente del silenzio quando c’è e del rumore che batte il ritmo in testa, della luce accesa e del dolore di chi resta, dei migliori che se ne vanno e dei peggiori che ci ammorbano l’esistenza, dei precari, dei clandestini, dei denti del giudizio, delle riserve idriche e dei ghiacciai.

Pensa che non me ne frega niente della sabbia che scotta ma poi c’è il mare, della promessa del paradiso dopo sempre dopo, di rivedere queste facce anche dopo, della buona condotta e degli atteggiamenti sconvenienti, dei capisaldi e dei cartelli stradali, del senso dell’umorismo quando non c’è, della querelle sui vaccini.

Pensa che non me ne frega niente se resta il supplente, se il programma non viene rispettato, se il tempo è scaduto e non hai firmato, se dopo ci pensi, se leggi, se ti arrendi , se vai o resti, se non sai scegliere e se ti fa male un piede o il collo o se hai dato una gran botta con il culo.

Pensa che non me ne frega niente  di quella volta che te ne sei andato per sempre quella settimana, della paura che almeno una volta, del clacson che hai suonato, dei matrimoni a cui sei stato, dei pupazzi di zucchero sulla torta, dei funerali dove nessuno sorride, di quelli che non hanno ricordi, di chi ha la faccia tagliata di sbieco, degli occhi che non parlano e delle bocche senza veleno, di chi non finirà all’inferno.

Pensa che non me ne frega niente delle unità di misura, del tavolo per la taverna, della roba da stirare, della gara di domenica, di quelli con un’infanzia bellissima, dell’orologio al polso, di chi arriva tardi quando è troppo tardi anche per arrivare presto, della paura che almeno  una volta, della candela che quando si consuma  il mondo finisce e io muoio, della pioggia che permette di piangere per strada.

Pensa che non me ne frega niente del capo e della coda, del senso del dovere, del buco dell’ozono, della prima comunione, dei compiti da controllare, della ceretta da rifare, della battuta cordiale, del tono giusto, del gelato si ma artigianale, del rimedio da banco per ogni dolore, della paura che almeno una volta,della ricetta veloce da seguire, degli ingredienti da amalgamare.

Pensa che non me ne frega niente del cielo sereno, della vecchiaia saggia  e dell’ingrata gioventù, di chi si sente incompleto, di chi ci vede doppio quando si guarda, di chi non conta un cazzo, delle vocette stupide dedicate ai  bambini, dei bambini, del moto di fastidio, della pelle accapponata, del pensiero debole, dei termini di uso e servizio.

Pensa che non me ne frega niente dell’identità di genere, delle famiglie allargate o ristrette, della noia, del cestino della carta, del cortile della scuola, delle nonne e delle megere e di chi vive  in purgatorio, dell’odore di erba appena tagliata, delle tazze nel lavandino, del bicchiere che si rompe sempre quando penso che adesso si rompe, delle foreste pluviali, dei fiori appassiti da buttare.

Pensa che non me ne frega niente  di ciò che non mi frega e di chi mi ha fregata, di quella volta che l’ho segnata, di fartela pagare, di rinvangare che tanto non sono buona a seminare allora sai cosa c’è, che mi metto a maggese ad aspettare, fino a quando non mi frega di tornare e pensa che non me ne frega di andare  e non me ne frega nemmeno di restare, di dire o respirare, della paura, la mia, la tua, ma più la mia, sempre la mia, che almeno una volta.

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