Resistiamo: voce del verbo amare prima persona plurale tempo presente che guarda al futuro, modo migliore possibile.

Una bimba che conosco da sempre mi ha chiesto di scrivere un testo per il suo matrimonio. Certo bimba dagli occhi cangianti- ho pensato- quando sarai grande, avrai imparato a dire per bene la erre e ti sposerai scriverò qualcosa per te.
“A settembre” mi ha detto. Non settemble. Settembre, con la erre giusta. Che ansia, ha aggiunto. Pare che sia già cresciuta, ha avuto un bambino e ha imparato a dire la erre, credo, almeno in quattro lingue diverse e a settembre si sposerà. Mi sto arrovellando cercando di scrivere qualcosa per lei, scarto parole come abiti per un appuntamento. Troppo corto, troppo colorato, troppo banale, troppo leggero, troppo lungo, troppo vecchio, troppo stretto, troppo largo, troppo scollato. Resto seduta con le ante spalancate, lo sguardo perso a chiedermi come sia possibile avere così tanta roba inutile a disposizione.
Non leggerò a voce alta, però. Troverà qualcuno che lo farà, non io. Un po’ mi fa sorridere, un po’ mi agita, un po’ mi gratifica e mi emoziona che me lo abbia chiesto. Un po’ che ansia, pure. Per fortuna c’è ancora tempo.

Resistiamo: voce del verbo amare prima persona plurale tempo presente che guarda al futuro, modo migliore possibile.

C’è un tempo, è sempre un tempo presente, durante il quale cambia completamente la grammatica. Cambiano i soggetti, i modi dei verbi, ti ritrovi a usare condizionali dove vorresti tagliare corto con un imperativo, ti ritrovi a chiederti chi, che cosa e no, non è il complemento oggetto del verbo che analizzi ma cerchi chi, che cosa te lo ha fatto fare. C’è un tempo, è sempre un tempo presente, durante il quale ti chiedi chi te l’ha fatto fare. Cosa? Tutto. Tagliare i capelli così. Comprare le scarpe basse. Alte. Parcheggiare distante. Non cambiare al cambiamonete per il carrello e prendere il cestello, sghembo, che a trascinarlo ti viene il gomito del tennista. Smettere di giocare a tennis. Cominciare a giocare a tennis. Chi te l’ha fatto fare? Dire si, non dire no, pensare che sarebbe stato diverso, perché? Perché avrebbe dovuto essere diverso? Per te? Chi sei tu, chi sei tu per cui doveva essere diverso? Chi te l’ha fatto fare?
C’è un tempo, è sempre un tempo presente, durante il quale l’analisi logica non segue la tua logica, va beatamente per i cazzi suoi. E scivoli sull’analisi del periodo, inciampi nella principale, non riconosci le subordinate. Resti atterrita da un’ipotetica del terzo tipo come se fosse un incontro ravvicinato. È che l’analisi del periodo è subdola. Sembra facile e invece è la più complessa. Dipende dal periodo, dicono. No.
C’è un tempo, è sempre un tempo presente, durante il quale speri sia solo un periodo. Lo analizzi ma non riesci, lo sai.

Resistiamo: voce del verbo amare prima persona plurale tempo presente che guarda al futuro, modo migliore possibile.

C’è stato un tempo, era un tempo presente, quando le mie figlie erano piccole, durante il quale non sopportavo. Chi, che cosa? Tutto. Tutti. Quel blaterare di sottofondo che fa l’eco a un neo genitore . In procinto di partire per il mare “non bruciatela”, prima di uscire dal portone “mettetele la giacca”, per una bava di vento “mettetele la cuffia” durante lo svezzamento “non fatela soffocare”. Io ho sbagliato, oggi lo so. Lo sapevo anche in quel tempo, lo sapevo, ma non potevo dire quello che avrei voluto che suonava più o meno così “ e io che speravo di averla messa al mondo per poterla bruciare, per lasciarla morire di freddo, per farla ammalare, per farla cadere possibilmente procurandole un trauma cranico, io che speravo di vederla soffocare da un cazzo di bolo dovuto alla pappa sminuzzata senza cura e invece devo ringraziare te e queste inutili stronzate che mi rivendi come raccomandazioni se desisto dal mio scellerato piano criminale”.
Troppo. Allora tacevo e sbagliavo, sapevo che stavo sbagliando ma tacevo e mi lamentavo con chi non capiva e mi aspettavo che capisse e che intervenisse e non capiva, non interveniva e allora niente, dicevo, è un periodo, passerà. No.
I periodi non passano. I periodi li facciamo passare, è diverso. È diverso il soggetto, anche se sottinteso. Avrei dovuto dirlo una volta, una volta sola. Mettere a tacere, offendere una volta per tutte da subito, mettere in chiaro chi era la principale e chi no, chi aveva il ruolo di subordinata e chi un ruolo proprio non lo aveva perché non lo avevo previsto.

Resistiamo: voce del verbo amare prima persona plurale tempo presente che guarda al futuro, modo migliore possibile.

Non è che tutto si possa prevedere, però. O sapere, conoscere, distinguere. La vita serve ben a questo, no? A imparare a dire la erre, a procedere per tentativi, a provare. Acquisita una consapevolezza si passa al livello successivo, dove in genere ti capita di capire che non avevi acquisito un beato niente e così via fino al livello successivo. Io volevo che le mie bambine fossero autonome nei limiti della loro età. Quindi cose come lavarsi o pettinarsi o vestirsi, volevo che lo facessero da sole. Mi è successo di essere ignorata e disattesa. Non dalle mie figlie ma da chi si offriva di darmi una mano e invece non era un aiuto ma un tentativo di fare al posto mio.
Penso che niente sia più offensivo nei confronti di una madre. Tacevo e sbagliavo. Ma ho imparato a resistere, sapendo che resistere è l’infinito del verbo amare. Chi, che cosa? Se stessi.

Resistiamo: resisti, amo.

Dove amo sta per amore, un diminutivo in uso nel linguaggio dei ragazzi, la mia amica che fa la Prof (prof è uguale a se stesso in ogni tempo e luogo) mi ha detto che tra loro, i ragazzi, si chiamano Fra, io pensavo che Fra fosse il diminutivo di Francesco, abbiamo riso di questa mia ingenuità. No, sta per fratello. E i fidanzati si chiamano amo. Resisti, amo. Io chiamo amore solo le mie figlie, lui no. Non mi piace. O tesoro, caro, no, nemmeno così. Non lo chiamo amo. Non uso diminutivi in genere ma storpio i nomi o creo soprannomi, prendo una caratteristica e la trasformo nel nomignolo della persona alla quale mi riferisco. Per esempio:pelatino, truciolo, torvo, buttero, tachipirina.

Resistiamo: resisti, amo.

Dove resisti non è un imperativo ma un’esortazione, un incoraggiamento. Resisti amore, resisti. È il tifo dagli spalti quando mancano pochi secondi alla fine e stai vincendo o perdendo o pareggiando, è uguale. Sono le mani sulle spalle curve sui libri quando chiedi se va tutto bene, se c’è bisogno di aiuto o di un bicchiere di succo, è il pugno stretto intorno a un indice con l’unghia sporca di terra mentre un chirurgo cuce un buco in testa che non basta la colla servono i punti, è sera tardi e hai la maglia sporca di sangue che non è tuo e vorresti che lo fosse. È una speranza, resisti, amo. Resisti. A chi, a che cosa? Alla corrente, al pensiero comune, a chi ti dice di mettere la cuffia per una ridicola bava di vento, al vento, a me, che come la corrente cerco di attraversarti. È un monito. Resisti, amo. Resisti e sarai libera, andranno via gli invasori, finirà la guerra, resterà una canzone che è anche una poesia.

Resistiamo: r-esistiamo.

C’è un verso a proposito del fatto che ci incontriamo per rinascere perché esistere, in fondo, non basta a nessuno. R-esistiamo, esistiamo insieme di nuovo. Di nuovo dopo cosa? Dopo la guerra, dopo le parole non dette che invece andavano pronunciate, dopo aver imparato a dire la erre correttamente, dopo aver analizzato i periodi anche quelli sbagliati e aver visto che non erano sbagliati. Era l’analisi che non veniva. R-esisitiamo. Dove? Ovunque, al mare senza bruciarci, davanti a un armadio scegliendo le parole per un evento importante lasciando stare l’ansia e senza pensare che sia troppo, non è mai troppo. Per fortuna c’è ancora tempo.

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3 pensieri su “Resistiamo

  1. Posto che io sono R, potrei dire E sì, S ti amo. Anche se l’amore mio comincia per A. Però il giochino non è male. E così torniamo alla grammatica dell’amore, che in effetti come dici tu l’analisi del periodo non è mica facile. Riguardo l’analisi logica sull’amore poi ce ne sarebbe da scrivere. Leggerti mi apre sempre la mente, sei davvero brava

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