Sto aspettando la mail dal Liceo che confermi, o meno, l’avvenuta iscrizione di Cri alla classe prima.
Dio.
Guardo il telefono con la regolarità delle contrazioni del parto. Perché ho tolto la suoneria, non ho alcuna notifica, quindi devo guardarlo per sapere se succede qualcosa. L’ho tolta perché, perché è una storia lunga, in sintesi mi mette ansia e allora ho eliminato un fattore di ansia. Sono stata brava.
Poi alla fine mi avevano fatto un cesareo di urgenza, tutte quelle contrazioni per niente.
I termini per la presentazione delle domande sono scaduti il 24, la finestra temporale entro la quale inviare le richieste era dal 4 al 24 gennaio.
Io quando l’ho presentata?
Certo.
Il 4. Mattina.
Adesso voglio la mia risposta, voglio sapere in quale delle due scuole indicate è stata presa.
Il punto, in questa vicenda e in tutte le altre che mi attraversano le pallide giornate come vene troppo in evidenza, è che il condominio che mi abita la testa partecipa rumorosamente. Amminchiata con la storia del Liceo e della mail ci sono io e tutte le altre me e siamo tutte d’accordo sul nome che vorremmo leggere come mittente della mail, che no, non è arrivata nemmeno ora.
È la pubblicità dell’abbonamento musei. Che però sono chiusi.
Poi, in preda alla stizza le cancello queste comunicazioni che mi fanno perdere tempo, nemmeno le apro, via, direttamente nel cestino.
Perché lo vuoi sapere con tutta questa premura, mi chiede la me appena arrivata. Capirai. Cosa ne capisce questa, è qui da poco, non conosce come funziona, vive rilassata e cerca di avere buoni rapporti con tutte, impossibile. Non è premura. I termini sono chiusi adesso devono dirmelo. Perché devo organizzarmi mentalmente: la ragazza vuole prendere i mezzi.
I mezzi?
Tutte in coro, le impiccione.
Si. I mezzi. E statevi zitte tutte. I mezzi. I mezzi.
È giusto, dice quella dell’ultimo piano, l’attico. Ma mica mansardato, mica quelle stronzate di sottotetti riqualificati, l’attico, l’attico vero. Eh, ma quelli dell’attico sono aperti di vedute, spaziano con lo sguardo, non hanno limiti se non l’orizzonte. Stanno in alto e non vedono e non sentono cosa succede giù. È giusto, dice. Io alla sua età li prendevo. E mi toglievo la tazza della colazione. Questo non c’entra, intervengo. Si fa per dire, risponde.
Giusto un cazzo, dice quella del primo piano. La ragazza non distingue la destra e la sinistra, finisce dalla parte opposta di Torino. Uh, Gesù- quella dell’attico- pure mio fratello non distingue la destra e la sinistra e gira il mondo, ha imparato anche a guidare dal lato sbagliato.
E chi te l’ha detto che è sbagliato? Sempre questa piccineria che se una cosa non è come la fai tu è sbagliata.
La me del primo piano e quella dell’attico si odiano. Vecchi rancori, la prima non gliene fa passare una, l’altra si comporta come se questa nemmeno esistesse.
Non è facile stare al primo piano, passano tutti. Se apri le finestre senti tutti i rumori, paghi per la pulizia delle scale che non usi. Se si guasta l’ascensore paghi e non lo usi. Quando montano il ponteggio sei il primo a cui rompono le palle e l’ultimo a esserne liberato.
Sotto l’attico c’è la salutista. Sale e scende rigorosamente a piedi, non fuma perché ha il terrore del cancro e poi perché tutte le persone che le piacciono non fumano mentre tutte quelle che non le piacciono fumano e non vuole essere una persona che non le piace, non mangia carne perché ha sperimentato sul suo corpo che si sente meglio senza, si allena con un istruttore con regolarità da Paesi del Nord, infatti le altre la prendono per il culo ma lei non se ne cura proprio, scherzate scherzate, dice, voglio sentire il rumore delle vostre ginocchia o delle spalle, sembrate fatte in tempura. La ragazza è sportiva, intelligente, prenda i mezzi e si dia una svegliata che il mondo è fuori dall’abitacolo della macchina fucsia di sua madre, sentenzia.
La signora dei cani sta al secondo piano e a lei non fotte moltissimo della questione perché gli esseri umani, anche se partoriti da lei, non le interessano poi così tanto. Il regolamento prevede massimo due cani, lei cerca il modo di derogare. Non si può. E che vada con i mezzi la ragazza, se proprio devo dire la mia.
Accanto a lei, stesso pianerottolo, c’è l’impiegata, quella che con la scusa della mascherina trucca solo gli occhi e certi giorni nemmeno quelli perché le lacrimano davanti al computer e si sfrega dimentica del mascara e alla fine ha tutto il nero sotto e non si copre con la mascherina quel pezzo di viso. Lei valuta, fa il controllo di gestione, struttura i processi. Se la prendono nel primo Liceo (ti prego ti prego ti prego ti prego) può prendere i mezzi all’uscita. All’andata la lascio all’incrocio, deve attraversare la piazza, nessuno dei compagni la vedrebbe con la madre. Poi proseguo fino alle medie della piccola. Viaggio ottimizzato.
La piazza non è semaforizzata. Ha una rotatoria e quattro strisce pedonali fetenti. I binari del tram. Il tram. Il tram. Te lo ricordi cosa è successo a una ragazzina una volta lì? Proprio lì, non in un’altra piazza in un’altra città in un’altra nazione? Zac. Sotto il tram. Niente più gambe.
Minchia quella del primo.
Infatti non ci si può parlare, dice quella dell’attico. Una disgrazia dietro l’altra e se non accadono le immagina. Non succederà niente alla ragazza. Si può fare così, la lasciamo all’angolo, attraversa, entra, la sua vita di relazione e la reputazione sono salve e siamo tutte tranquille. Al ritorno prenderà i mezzi fino all’ufficio, da lì andremo a casa.
Può anche farsela a piedi fino all’ufficio, interviene la salutista. Possiamo andarle incontro, quella con i cani.
E se la prendono nel secondo Liceo?
Zitta tu, che sei appena arrivata e non hai ancora capito qui come funziona.
Comunque siamo tutte d’accordo con la ragazza che se dovesse arrivare la mail mentre lei è a scuola non la leggiamo. Aspettiamo.
Io e Cri ci siamo immaginate la scena di me che lancio sassi contro la finestra della sua aula in preda alla necessità di aprire la mail e la sua amica le dice qualcosa tipo Cri, c’è tua madre che sta compiendo atti vandalici ai danni della scuola e Cri che le risponde no, no, tranquilla, è solo arrivata la mail del Liceo.
Resistiamo, tutte. Ciascuna di noi ha il suo discreto bagaglio di esperienza in materia.
Vorrà dire che prenderà il controllo della situazione quella del terzo piano, la ragazza della musica che non capisce la musica ma ascolta solo le parole. Accanto a lei c’è la creativa. La peggiore. Quella non è mai da sola, soprattutto di notte. Tira fuori tutti i personaggi- escono dice lei, quelli escono da soli, figuriamoci se li tiro fuori- e partono grandi discussioni, a volte i toni si alzano. Lei scrive e scrive e scrive. Cosa scriva non si sa. Perché scriva non si sa. Quando finisce non si sa. Non si sa niente, solo che sta lì e scrive e scrive e scrive, anche se non la si vede con la penna in mano si può stare certi che sta scrivendo e da qui le discussioni. Siete solo personaggi, non esistete, urla. Siamo qui quindi esistiamo, io questa cosa non la dico, tu la dici, no, guardami bene, io ho un tono diverso, queste parole in bocca mia non funzionano, non è il mio registro, rileggi e vedi. Allora lo sguardo le si fa vitreo. Abbassa il mento, ritira le spalle, le clavicole spuntano che ti viene da impugnarle come manubri.
Mai, mai dirle di rileggere. Non lo fa. Perché? Non si sa. La ragazza deve andare con i mezzi perché solo così può osservare le storie che vivono accanto alla sua.
Intensa e sofferta, le dice la psicoterapeuta che ha affittato il piano rialzato. Gli psicologi stanno sempre al piano rialzato, così gli altri condomini non vedono i pazienti e la privacy è tutelata e poi non c’è un continuo su e giù per le scale, che fa incazzare quella delle pulizie che tutti chiamano la stronza che tanto poi pulisce, perché lei il suo nome non l’ha mai detto a nessuno ma se qualcuno le chiede qualsiasi cosa lei così risponde, si, si, tanto c’è la stronza che poi pulisce. Non sei passata bene lì, nell’angolo, le dice quella del primo piano. La guarda con benevolenza quella dell’attico perché la stronza che poi pulisce fa cose strane, recupera, ricicla, improvvisa, evita gli sprechi. La crema solare ricomprata a quattro giorni dalla fine delle vacanze lei mica la butta, no, la usa come crema idratante d’inverno, tanto l’anno dopo non sarebbe più utilizzabile. Con il pane raffermo prepara delle zuppe di verdure, con i biscotti avanzati cucina la base per le torte, le bucce di mandarini le brucia nel camino e con l’acqua dell’asciugatrice lava i pavimenti. La stronza che poi pulisce è una di altri tempi, è contenta della psicoterapeuta perché prima di lei al piano rialzato c’era una ragazza sola e un po’ promiscua e non sono cose che vanno più bene. Comunque si, la ragazza può andare con i mezzi, basta che stia attenta.
A cosa, le chiede la terapeuta. A tutto. Perché c’è qualcosa a cui non dobbiamo stare attenti nella vita?
Ogni sera tutte quante prepariamo la lettera di disdetta. La scriviamo, siamo sicure poi la rileggiamo (non tutte) e la strappiamo e ricominciamo il giorno dopo, chi guarda oltre, chi si barrica dentro per non sentire il rumore, chi ha bisogno dei cani perché deve sentirsi in branco per non far impazzire il lupo che la subaffitta, chi si dedica al corpo perché è la sola casa nella quale stare sempre, chi tanto poi pulisce perché alla fine stronze lo siamo tutte care mie, anche tu che incroci numeri e controlli il recupero crediti e ti defili sempre un po’, ti sentiamo quando pensi: avrei preferenza di no.
È arrivata una mail.
È il parrucchiere che conferma l’appuntamento di domani, per il colore.
Quella dell’attico dice che andare di sabato è da pazze. L’impiegata le risponde che sai com’è in settimana è impossibile stare seduta lì due ore, la salutista dice che stare seduta due ore è impensabile, facciamo il giro del salone con la tinta in testa. La creativa si immagina grigia e basta senza alcuna schiavitù, tra i libri da leggere e quelli da scrivere. La stronza che poi pulisce ricorda di mettere una maglia di cui importa poco perché è un attimo che la rovinano con il colore, la signora dei cani pensa che non può portarlo il piccolino perché litiga con tutti gli altri cani, quella del primo vorrebbe scurirli, staresti male le dice la ragazza della musica, no non è vero, risponde l’ultima arrivata, bisogna sperimentare, dire che non è vero equivale a dire che sta mentendo, bisognerebbe trovare un altro modo, interviene la psicoterapeuta del piano rialzato.
La ragazza prenderà i mezzi, i capelli non li modifichiamo, nessuna dà alcuna disdetta.
E comunque, vivo in una casa indipendente.
